Il 2025 delle banche centrali: a che punto siamo?
In attesa delle riunioni della Fed e della BCE di fine gennaio, facciamo il punto della situazione sui tagli dei tassi di interesse.
L’anno 2024 è stato nel complesso brillante per i rendimenti, in un contesto in cui la crescita economica ha sorpreso in positivo e le banche centrali hanno avviato i tagli dei tassi. Tanto per dire: l’indice azionario mondiale MSCI World ha registrato un rialzo del +17%. E, in questo, le riduzioni dei tassi hanno dato una mano. Mentre aspettiamo il responso delle riunioni della Fed e della BCE di fine gennaio, facciamo un po’ il punto della situazione.
Un grande sforzo di allentamento monetario
Cominciamo col dire che a dicembre si è registrato il maggior numero di tagli dei tassi da parte delle banche centrali del G10 dal marzo 2020, quando le turbolenze legate alla pandemia di Covid-19 misero in agitazione i mercati di tutto il mondo.
Come sottolinea Reuters, le mosse di fine 2024 hanno portato il totale dei tagli dei tassi varati nell’arco dell’anno a 825 punti base: il maggiore sforzo annuale di allentamento dal 2009, epoca – lo ricorderai – della grande crisi finanziaria. Dietro questo sforzo c’è la consapevolezza dei funzionari di doversi preparare a tempi sicuramente molto interessanti, ma che non escluderanno fasi di correzione e volatilità.
Tra le banche centrali che supervisionano le dieci valute più scambiate, cinque delle nove che si sono riunite a dicembre hanno abbassato i tassi d’interesse, e in particolare:
- Svizzera e Canada li hanno ridotti di 50 punti base;
- Federal Reserve, Banca Centrale Europea e Riksbank hanno optato per un -25 punti base;
- Australia, Norvegia, Giappone e Gran Bretagna li hanno lasciati invariati, mentre la Nuova Zelanda non si è riunita.
Queste ultime mosse precedono cronologicamente l’insediamento del presidente eletto Donald Trump alla Casa Bianca del 20 gennaio. E per certi versi tengono conto dell’incertezza sull’effettivo grado di aggressività con cui il presidente eletto porterà avanti le sue politiche commerciali ed economiche.
Tassi giù, ma con cautela: cosa ha detto la Fed
Il Federal Open Market Committee, meglio noto come FOMC, principale strumento di politica monetaria della Federal Reserve, tornerà a riunirsi il 28 e 29 gennaio. Nel frattempo, la banca centrale USA presieduta da Jerome Powell ha terminato il 2024 con un taglio da 25 punti base, al 4,25%-4,50%. L’autorità monetaria sembra ora puntare su un allentamento più graduale, con due sole riduzioni nel 2025 al posto delle quattro previste lo scorso settembre.
Una maggior cautela che è il risultato del recente stallo della disinflazione: i prezzi sono di nuovo gli “osservati speciali”, come evidenziano le nuove proiezioni dei membri del FOMC per ogni anno dal 2024 al 2027 e nel lungo periodo.
Le sfide del 2025: da dove riparte la BCE
Dal canto suo, a dicembre la Banca Centrale Europea ha deciso all’unanimità di abbassare nuovamente i tassi di riferimento, ancora una volta di un quarto di punto percentuale: i tassi d’interesse sulle operazioni di deposito, sulle operazioni di rifinanziamento principali e sulle operazioni di rifinanziamento marginale sono scesi rispettivamente al 3%, al 3,15% e al 3,40%.
L’autorità monetaria ha insomma optato per il terzo taglio consecutivo, sempre da 25 punti base, da quando ha dato il via al nuovo ciclo di allentamento, lo scorso giugno: anche tenuto conto della debolezza dei dati economici, da giugno a dicembre la BCE ha diminuito i tassi di riferimento di 100 punti base, complessivamente.
Tutto ciò è avvenuto in un contesto di crescenti incertezze, oggi connesse essenzialmente:
- alle due principali economie del Vecchio Continente, ossia Francia e Germania, nelle settimane scorse alle prese con una crisi politica (in Germania si rivota il 23 febbraio);
- al secondo mandato di Trump alla Casa Bianca, che potrebbe voler dire minor collaborazione e maggiori dazi a carico dell’Europa.
In questo quadro, le proiezioni economiche parlano adesso di una crescita economica dello 0,7% nel 2024, dell’1,1% nel 2025, dell’1,4% nel 2026 e dell’1,3% nel 2027. Vista in progressivo calo l’inflazione, in particolare la cosiddetta “core”, ossia quella che esclude energetici e alimentari.
Investire nel 2025? Sì, ma con il Financial Coach
Potrebbe profilarsi, insomma, una sorta di divergenza tra la Fed e la BCE, con la prima che, rassicurata dai dati sul lavoro e sulla crescita, deve pensare a tenere a bada i pressi, e la seconda che invece deve tener conto della debolezza economica complessiva del Vecchio Continente. In attesa di chiarimenti, e per capire quali opportunità potrebbero aprirsi con i tassi “higher for longer” (“più alti più a lungo”), è sempre cosa buona e utile confrontarti con il tuo Financial Coach.