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Banche centrali: come si conclude il 2023 di “falchi” e “colombe”

Nella riunione di metà dicembre la Fed statunitense è apparsa più colomba, la BCE ancora un po’ falco. Tassi fermi ancora una volta.

Banche centrali ferme nelle ultime riunioni dell’anno, come del resto era largamente atteso. I segnali arrivati sono stati però importanti, perché hanno confermato come i recenti cali dell’inflazione, siano stati determinanti nello spingere le principali banche centrali del mondo occidentale a un’ulteriore pausa, dopo quella sancita nei meeting autunnali. Ma, come sempre, procediamo gradualmente e con ordine.

Tempo di nuova pausa e di proiezioni per la Fed

La Federal Reserve ha mantenuto il tasso di riferimento invariato al 5,25-5,5%, come ampiamente previsto. La vera notizia è stata nella svolta “dovish”, da colomba. I funzionari ammettono che la crescita “è rallentata rispetto al ritmo sostenuto del terzo trimestre” e riconoscono che “l’inflazione si è attenuata nell’ultimo anno”.

La riunione di dicembre segna anche l’appuntamento con il “dot plot” aggiornato e con le nuove proiezioni economiche. Il dot plot è il diagramma a punti che sintetizza le attese dei membri del FOMC sul livello dei tassi nel futuro. Ebbene, il diagramma più recente indica un ulteriore taglio dei tassi per il 2024, per cui ora sono previsti 75 punti base di allentamento rispetto ai 50 punti base dell’aggiornamento di settembre. E attenzione: l’ultimo rialzo dei tassi previsto a settembre non c’è più, per cui il tasso dei Fed funds è ora previsto al 4,6% a fine 2024, contro il 5,1% precedente.

Altro break anche per la Banca Centrale Europea

Dagli ultimi commenti degli alti funzionari della Banca Centrale Europea, nessuno aveva preso seriamente in considerazione un rialzo dei tassi nella riunione di giovedì 14 dicembre. L’unica domanda che ci si poneva era appunto quanto “dovish”, da colomba, sarebbe stata la comunicazione di Francoforte.

La dichiarazione rilasciata dopo la riunione segnala che la fine dei rialzi dei tassi è arrivata. La frase secondo cui “ci si aspetta che l’inflazione rimanga troppo alta per troppo tempo” è sparita. Allo stesso tempo, però, è ancora presente l’altra frase, ossia “i tassi saranno fissati a livelli sufficientemente restrittivi finché necessario”. E tuttavia, la BCE ha annunciato una riduzione molto graduale dei reinvestimenti nell’ambito del programma per l’emergenza pandemica (il PEPP) nella seconda metà del 2024. Come dire: falco, ma non troppo.

Le ultime previsioni indicano un’inflazione complessiva del 5,4% nel 2023, del 2,7% nel 2024, del 2,1% nel 2025 e dell’1,9% nel 2026, mentre la crescita del Prodotto Interno Lordo dovrebbe attestarsi allo 0,6% nel 2023, allo 0,8% nel 2024 e all’1,5% sia nel 2025 che nel 2026. Si tratta di previsioni che assai difficilmente giustificherebbero tagli aggressivi dei tassi l’anno prossimo.

Così si esprime Carsten Brzeski, Global Head of Macro di ING.

“Per il momento continuiamo a pensare che il passaggio della BCE a un atteggiamento pienamente dovish sarà più graduale di quanto i mercati stiano valutando. Gli annunci politici del 14 dicembre e le proiezioni dello staff lo confermano. Infatti, è difficile capire come la BCE possa decidere di invertire completamente la rotta sui tassi di policy solo sulla base di alcuni dati sull'inflazione più deboli del previsto, senza che l'inflazione complessiva scenda al di sotto del 2% e che le previsioni di inflazione a più lungo termine si attestino ancora intorno al 2%”.

La Banca d’Inghilterra non si sbilancia sui tagli

Chiudiamo il giro delle riunioni di dicembre delle principali banche centrali in Occidente. Nella sua ultima riunione del 2023, anche la Banca d’Inghilterra ha mantenuto i tassi fermi. Ma a differenza della Federal Reserve, e un po’ come la BCE, è apparsa molto più riluttante a fare o dire qualcosa che potesse essere visto come un avallo delle aspettative di taglio dei tassi.

Quali implicazioni avrà tutto questo sui mercati?

La prospettiva di una Fed più accomodante ha fatto bene sia alle azioni sia alle quotazioni obbligazionarie, ma la relazione tra politica monetaria e mercati non è lineare, deterministica e scolpita nella pietra. Ci sono delle tendenze, certo, ma vanno sapute intercettare correttamente. Ecco perché, ancora una volta, la consulenza di un professionista come il Financial Coach, per inquadrare il presente e fare le scelte giuste, è essenziale.

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