Sospiro di sollievo per l’inflazione USA. E l’Europa?
Gli ultimi dati sulla variazione mensile dei prezzi segnalano rialzi più contenuti. Un buon segno per i mercati, mentre prende il via un anno molto intenso.
Inflazione? Resistente, ma non troppo. A dicembre, l’indice dei prezzi al consumo negli Stati Uniti d’America si è attestato al +0,4% su base mensile e al +2,9% su base annua. La variazione, per il dato di base (che esclude cibo ed energia), è stata dello 0,2% e del 3,2%. E se il dato principale è stato in linea con le attese, quello “core” è stato leggermente migliore dello 0,3% mensile previsto. Il che è una buona notizia. Vediamo perché.
Fari puntati sull’inflazione
Ebbene sì, torniamo alla Federal Reserve, l’autorità monetaria degli Stati Uniti d’America. Alla luce della fiammata inflazionistica, nella primavera del 2022 la Fed diede il via al rialzo dei tassi di interesse. Riportata a più miti consigli l’inflazione, qualche mese fa la banca centrale ha messo sotto la sua lente i dati economici, in particolare quelli sul mercato del lavoro: ed ecco che sono iniziati i tagli.
Recentemente, la banca centrale USA ha frenato nuovamente sotto questo punto di vista, perché i dati sull’inflazione hanno mostrato una certa resistenza. Resistenza che, in base agli ultimi dati – non solo sull’indice dei prezzi al consumo, ma anche sull’indice dei prezzi alla produzione, che è una sorta di “anticipatore” del CPI – ora sembra cominciare a venire meno.
Cosa farà la Fed nel 2025?
È probabile che la pausa dai rialzi dei tassi che si è presa la Fed si prolunghi ben oltre gennaio. Così scrive James Knightley, Chief International Economist in ING.
“Abbiamo previsto tre tagli dei tassi da 25 punti base per l’anno e per ora ci atteniamo a questa visione. Tuttavia, anziché tagliare a marzo, come avevamo suggerito, la prima mossa per il 2025 avverrà più probabilmente a giugno, considerando i dati attuali.”
Il balzo del dollaro USA e l’impennata dei rendimenti dei Treasury potrebbero rappresentare un freno alla crescita e contribuire a smorzare le pressioni inflazionistiche: il che dovrebbe consentire alla Fed di reagire con tassi più bassi nella seconda metà del 2025.
Cosa succede, intanto, in Europa?
Nei giorni in cui torna a esprimersi sui tassi anche la Banca Centrale Europea, può essere interessante andare a vedere come si sta muovendo l’inflazione nel Vecchio Continente. A dicembre, il tasso di inflazione annuale dell’area eurosi è attestato al +2,4%, in aumento rispetto al +2,2% di novembre, ma a fronte del +2,9% di un anno prima. Nell’UE il dato è stato del +2,7%, con un incremento rispetto al +2,5% di novembre (ma in calo in confronto al +3,4% dell’anno precedente).
I tassi annuali più bassi si sono registrati in Irlanda (1%), Italia (1,4%), Lussemburgo, Finlandia e Svezia (tutti 1,6%), quelli più alti in Romania (5,5%), Ungheria (4,8%) e Croazia (4,5%). Rispetto a novembre, l’inflazione annua è diminuita in sette Stati membri, è rimasta stabile in uno ed è salita in 19. Il contributo maggiore è arrivato dai servizi (+1,78%), seguiti da alimentari, alcolici e tabacco (+0,51%), beni industriali non energetici (+0,13%) ed energia (+0,01%).
Cosa farà, nell’anno, la BCE?
Se la Fed può permettersi qualche pausa, la Banca Centrale Europea non sembra al momento avere la stessa facoltà, alla luce della debolezza economica che serpeggia nel Vecchio Continente. Lo ha detto anche il Fondo Monetario Internazionale, nell’aggiornamento di gennaio del suo World Economic Outlook.
“Nell’area euro si prevede una ripresa della crescita, ma a un ritmo più graduale di quanto previsto a ottobre, con le tensioni geopolitiche che continuano a pesare sul sentiment. Uno slancio più debole del previsto a fine 2024, soprattutto nel settore manifatturiero, e l’aumento dell’incertezza politica spiegano una revisione al ribasso di 0,2 punti percentuali, all’1%, nel 2025.”
Inflazione, crescita, tassi: come investire nel 2025?
Il 2025 si presenta come un anno non privo di rischi, così come di opportunità. Una strategia di investimento davvero oculata deve giocoforza tener conto di tre fattori:
- la necessità di continuare a proteggersi dall’inflazione;
- una crescita economica a più velocità a livello mondiale;
- le politiche monetarie che a ciò conseguiranno.
Tutto questo, senza naturalmente perdere di vista gli sviluppi geopolitici e le sfide climatiche e ambientali. La chiave sta, ancora una volta, in un’adeguata pianificazione e in una corretta diversificazione di portafoglio. Sempre con l’ausilio del Financial Coach.