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Mercato del lavoro USA: cosa farà la Fed?

L’atteso taglio di settembre sarà di 25 o di 50 punti base? Molto dipende dai dati sul mercato del lavoro: ecco cosa ci dice l’ultima rilevazione.

Il discorso del presidente della Federal Reserve a Jackson Hole (Wyoming, USA), tenuto alla fine di agosto – in cui Jerome Powell ha chiarito che è il tasso di disoccupazione la variabile su cui si baseranno le prossime decisioni sui tassi di interesse - ha incoronato il 6 settembre una delle date più rilevanti, in questa fase, per la politica monetaria degli Stati Uniti d’America. Venerdì 6 settembre, infatti, era prevista la pubblicazione del tasso di disoccupazione mensile di agosto. Un appuntamento che, da qui in avanti, condizionerà le prossime mosse della banca centrale USA.

Nonostante un taglio dei tassi a settembre sia largamente atteso, come Powell ha indicato a Jackson Hole e come altri funzionari hanno di fatto confermato in seguito, le incognite riguardano le proporzioni della mossa: gli esperti nelle ultime settimane si sono interrogati se il taglio possa essere di 25 o di 50 punti base. Insomma: di quanto si ammorbidirà la politica monetaria nei prossimi mesi?

Un rallentamento atteso?

Una prima risposta è arrivata proprio dal dato sul mercato del lavoro riferito al mese di agosto. Un rapporto attesissimo, dopo quello di luglio che – lo ricordiamo – ha contribuito alla correzione di metà estate (vedi il nostro articolo Meteo Mercati: dopo l’acquazzone di metà estate torna il sereno).

Ebbene, anche ad agosto l’occupazione negli Stati Uniti d’America è aumentata meno delle attese. Tuttavia, il lieve calo mensile del tasso di disoccupazione, dal 4,3% di luglio al 4,2% di agosto, sembra suggerire che il rallentamento del mercato del lavoro prosegue in modo ordinato. Il che, teoricamente, non giustificherebbe un taglio dei tassi di interesse troppo consistente da parte della Federal Reserve nell’arco di questo mese.

Nello specifico:

  • sia il tasso di disoccupazione (al 4,2%, appunto) sia il numero di disoccupati, pari a 7,1 milioni, hanno registrato un calo, seppure molto modesto, nel mese di agosto, anche se entrambe queste voci appaiono oggi più alte rispetto all’anno precedente, quando il tasso di disoccupazione era del 3,8% e il numero di disoccupati era pari a 6,3 milioni di unità;
  • l’occupazione totale non agricola è aumentata di 142.000 unità, meno del progresso medio mensile di 202.000 unità che si è avuto nei 12 mesi precedenti.

Bisogna però tener conto del fatto che di solito i dati di agosto tendono a risultare più deboli rispetto alle stime di consenso e alla recente tendenza per poi essere rivisti al rialzo in seguito. Un fatto è certo: la Fed non li perderà di vista neanche per un secondo. E vediamo subito perché.

Lavoro nei radar della Fed

Dopo aver tergiversato per qualche mese, due anni e mezzo fa, di fronte alla fiammata dell’inflazione, la Federal Reserve si decise a raffreddare l’economia statunitense iniziando ad alzare i tassi di interesse, che allora erano a zero o quasi (oggi sono nel corridoio compreso tra il 5,25% e il 5,50%). Adesso parrebbe pronta a ridurli, sempre nell’obiettivo di guidare gli Stati Uniti verso un “atterraggio morbido” (il cosiddetto “soft landing”), in cui la disinflazione si accompagna, appunto, a un rallentamento ordinato dell’economia.

A Jackson Hole, il presidente Jerome Powell ha chiarito la banca centrale è ora più preoccupata dei rischi per l’occupazione che per l’inflazione, che attualmente appare sotto controllo. E dati negativi sul lavoro in futuro potrebbero rafforzare lo scenario di più decisi tagli dei tassi.

Tra Fed ed elezioni di novembre

Il rapporto mensile sull’occupazione non è perciò un dettaglio. Tutt’altro. E non solo perché è strettamente al vaglio della Federal Reserve. L’altra ragione è che si avvicina la data del 5 novembre, quando i cittadini USA saranno chiamati alle urne per l’elezione del nuovo presidente degli Stati Uniti. Le questioni economiche, si sa, sono al centro di tutte le campagne per le presidenziali e l’economia è da sempre considerata una delle questioni più delicate in vista del voto.

Al momento, però, è soprattutto il cambio di focus della Fed a condizionare i mercati finanziari: gli investitori hanno iniziato a reagire più ai dati sull’occupazione che ai numeri dell’inflazione. Non solo questa, quindi, ma anche le prossime rilevazioni saranno monitorate con grandissima attenzione. Per saperne di più e per mettere meglio a fuoco le prospettive economiche e le relative opportunità, puoi, come sempre, confrontarti con il tuo Financial Coach.

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