La BCE non si sbilancia, la Fed un po’ sì: nuovi tagli in arrivo
Alla fine, gli attesissimi tagli sono arrivati: ma se Francoforte si è attenuta a un canonico 0,25%, la Fed ha varato una riduzione più corposa. Vediamo perché.
Da una parte i prezzi, che oggettivamente sono calati rispetto ai picchi dell’autunno 2021. Dall’altra un mercato del lavoro che, osservato con la lente degli ultimi due report sul tasso di disoccupazione e l’occupazione totale non agricola (vedi l'articolo Mercato del lavoro USA: cosa farà la Fed?), impensierisce un po’.
Così, mercoledì 18 settembre, negli Stati Uniti d’America, la Federal Reserve ha annunciato l’attesissimo taglio dei tassi di interesse, il primo dopo due anni e mezzo di rialzi, con una ciliegina sulla torta: non la classica revisione da 25 punti base, ma un bel 50 punti base in meno. E ulteriori tagli sembrano all’orizzonte.
Insomma, volge al termine il periodo in cui la Fed ha cercato di frenare l’economia per combattere l’inflazione e inizia una fase in cui i costi dei prestiti per consumatori e imprese USA tornano a ridursi. Anche se – ha messo in chiaro il presidente Jerome Powell – non torneranno allo zero percento degli anni passati.
Fed e BCE: cosa faranno ora le banche centrali?
Il Federal Open Market Committee ha portato l’intervallo di riferimento per il tasso dei Federal funds al 4,75%-5%, dal 5,25-5,5%. E non finirà qui. L’annuncio Fed è arrivato a una settimana quasi esatta da quello della Banca Centrale Europea, che il 12 settembre ha annunciato una riduzione di 25 punti base del tasso sui depositi, quello tramite cui orienta la sua politica monetaria. I tassi sulle operazioni di rifinanziamento principali e marginali sono calati, rispettivamente, al 3,65% e al 3,90%: una discesa ancor più netta rispetto al tasso sui depositi, se consideri che a luglio erano al 4,25% e al 4,50%.
Insomma, stabilizzati i rialzi dei prezzi, anche l’Eurotower si accinge – molto cautamente – a voltare pagina. Dopotutto, i dati finali sull’inflazione ad agosto nell’area dell’euro hanno confermato una variazione del +2,2%, meno del +2,6% di luglio e più vicina all’obiettivo del 2%.
E adesso, cosa faranno le banche centrali? Le risposte, al momento, divergono. Se per la Fed la riunione di settembre ha segnato anche l’appuntamento con le nuove previsioni espresse dai “dots”, le indicazioni dei funzionari che giocoforza offrono uno sguardo su quello che potrà essere nei prossimi mesi, la BCE non si è sbilanciata in alcun modo. Si è limitata semmai a ribadire che la linea rimarrà restrittiva finché necessario e che procederà riunione per riunione, sulla base dell’evoluzione dei dati. Una linea alla quale continua ad attenersi anche il presidente Powell.
Tuttavia, lato Fed, abbiamo appunto le nuove proiezioni, che indicano un’ulteriore riduzione, per mezzo punto complessivamente, entro dicembre. E le indicazioni dei funzionari Fed per ora lasciano intravedere in controluce quattro tagli nel 2025.
Lo sguardo Fed adesso è rivolto al mercato del lavoro
La decisione comunicata il 18 settembre conferma lo spostamento del focus dai prezzi – che comunque restano oggetto di monitoraggio e riflessione – al mercato del lavoro. In conferenza stampa, il presidente Powell ha detto che tale mercato, così come l’economia statunitense, è in condizioni solide, e l’intenzione è appunto quella di mantenerlo in tali condizioni.
Le recenti proiezioni ci dicono che a fine anno l’inflazione di fondo espressa dal PCE (vedi l'articolo PCE e CPI: che differenza c’è tra i due indicatori dell’inflazione USA?) si attesterà al 2,6%: nelle indicazioni condivise a giugno, i funzionari la vedevano al 2,8%. Per contro, le proiezioni indicano un tasso di disoccupazione del 4,4% nell’ultimo trimestre dell’anno. Per la cronaca, ad agosto il tasso era al 4,2%, in aumento rispetto al 3,7% di inizio anno.
Con l’aggressivo taglio di mezzo punto al posto della più classica revisione da un quarto di punto, la banca centrale USA ha voluto far fronte ai segnali di rallentamento emersi negli ultimi due report sul mercato del lavoro, quelli riferiti appunto ai mesi di luglio e agosto. Ma il presidente Powell ha messo in chiaro che l’era dei tassi ultra-bassi non tornerà.
Economia e mercati: un atterraggio senza scossoni. Forse
La mossa della Fed è stata seguita da un calo dei rendimenti obbligazionari e da un rialzo dei listini, i quali generalmente apprezzano le decisioni in senso espansivo delle banche centrali. Al momento, tutto continua a deporre a favore di uno scenario “soft landing” (vedi l'articolo Soft landing, no landing, hard landing: di cosa stiamo parlando?), con la disinflazione che prosegue e l’economia che sostanzialmente tiene. E ciò è positivo.
Comunque vada, per un investitore gli spunti di riflessione non mancano mai. Atteso che con i soldi non è mai il caso di improvvisare, per capire se ci sono ulteriori opportunità da cogliere è sempre bene un confronto chiaro e puntuale con il tuo Financial Coach.