La BCE alza il tiro e aumenta i tassi
Con il maggior rialzo dall’inizio dell’unione monetaria, la BCE ha portato il tasso di riferimento all’1,25%. Quali effetti sui mercati e cosa fare con i portafogli?
Alla fine, la BCE l’ha fatto. Con una mossa storica e col maggior incremento dei tassi dall’inizio dell’unione monetaria, giovedì 8 settembre ha annunciato un aumento di tutti e tre i tassi d’interesse di 75 punti base. Con effetto dal 14 settembre 2022, il tasso sulle operazioni di rifinanziamento principali sale all’1,25%, mentre quelli sulle operazioni di rifinanziamento marginale e sui depositi presso la banca centrale sono rispettivamente all’1,50% e allo 0,75%. Non è l’unica decisione assunta dall’autorità monetaria dell’Eurozona.
Ulteriori rialzi, ma decisioni guidate dai dati
Cominciamo col dire che il rialzo varato giovedì 8 settembre anticipa la transizione dal livello attualmente molto accomodante dei tassi d’interesse a livelli che, nelle intenzioni di Francoforte, “assicureranno un ritorno tempestivo dell’inflazione all’obiettivo del 2%”.
Seguiranno, quindi, altre puntate. “In base alla sua attuale valutazione”, si legge nella nota post riunione, “il consiglio direttivo si attende di aumentare ulteriormente i tassi di interesse nelle prossime riunioni per frenare la domanda e mettere al riparo dal rischio di un persistente incremento dell’inflazione attesa”. Ma anche in futuro le decisioni sui tassi di riferimento saranno guidate dai dati e definite di volta in volta a ogni riunione.
Inflazione nel mirino della banca centrale
Sotto la lente c’è immancabilmente l’inflazione, “di gran lunga troppo elevata” e che probabilmente si manterrà su un livello superiore all’obiettivo “per un prolungato periodo di tempo”. Secondo la stima flash dell’Eurostat, ad agosto ha raggiunto il 9,1%.
La responsabilità del suo incremento è in capo a tre fattori:
- i rincari dei beni energetici e alimentari;
- le pressioni della domanda in alcuni settori, dovute alla riapertura delle attività economiche;
- le strozzature dal lato dell’offerta.
In prospettiva, dunque, gli esperti della BCE hanno rivisto significativamente al rialzo le loro proiezioni: inflazione all’8,1% in media nel 2022, al 5,5% nel 2023 e al 2,3% nel 2024. Si spera ora che il graduale venir meno di questi fattori e il progressivo riverbero della normalizzazione della politica monetaria sull’economia e sul processo di formazione dei prezzi determini un contenimento dei prezzi stessi. Vedremo.
A proposito di economia: le previsioni della BCE
“Dopo il recupero della prima metà del 2022”, ci dice la BCE nella sua nota, “i dati recenti indicano per l’area dell’euro un considerevole rallentamento”, con l’economia che dovrebbe ristagnare “nel prosieguo dell’anno e nel primo trimestre del 2023”.
“Le quotazioni molto elevate dell’energia riducono il potere di acquisto dei redditi delle famiglie e, sebbene si stiano attenuando, le strozzature dal lato dell’offerta continuano a frenare l’attività economica. Inoltre, la situazione geopolitica avversa si ripercuote sulla fiducia delle imprese e dei consumatori”.
Marcata revisione al ribasso, quindi, per il resto dell’anno e poi per tutto il 2023: ora siamo al 3,1% per il 2022, allo 0,9% per il 2023 e all’1,9% per il 2024.
Senza dimenticare la pandemia. Il consiglio direttivo promette che continuerà a reinvestire in modo flessibile il capitale rimborsato sui titoli in scadenza nel quadro del PEPP (il Programma di Acquisto per l’Emergenza Pandemica) almeno fino alla fine del 2024. Quanto al Programma di Acquisto di Attività (PAA), “il consiglio direttivo intende continuare a reinvestire integralmente il capitale rimborsato sui titoli in scadenza per un prolungato periodo di tempo successivamente alla data in cui ha iniziato a innalzare i tassi d’interesse di riferimento della BCE e, in ogni caso, finché sarà necessario per mantenere condizioni di abbondante liquidità e un orientamento adeguato di politica monetaria”.
Due parole poi, fra le altre, sul Transmission Protection Instrument.
“Lo strumento di protezione del meccanismo di trasmissione della politica monetaria può essere utilizzato per contrastare ingiustificate e disordinate dinamiche di mercato che mettano seriamente a repentaglio la trasmissione della politica monetaria in tutti i Paesi dell’area dell’euro, consentendo così al consiglio direttivo di assolvere con più efficacia il mandato di preservare la stabilità dei prezzi”.
Le colombe hanno lasciato il nido BCE
“Sembra proprio che le colombe abbiano lasciato il nido della BCE”, commenta Carsten Brzeski, Global Head of Macro di ING.
“I falchi vorrebbero probabilmente aumentare i tassi di altri 100 punti base prima della prossima primavera. Tuttavia, riteniamo che a un certo punto, nei prossimi mesi, la BCE dovrà riconoscere che le sue aspettative di crescita sono troppo positive. A nostro avviso, la BCE potrà aumentare i tassi solo di un totale di 75 punti base entro la fine dell’anno. Potrebbe trattarsi di altri 75 punti nella riunione di ottobre o di 50 a ottobre e 25 nella riunione di dicembre. Per ora, le colombe hanno chiaramente lasciato il nido della BCE”.
Però, aggiunge Brzeski, “non crediamo che abbiano lasciato il nido per sempre”. E forse faranno ritorno prima di quanto si possa pensare.
Falchi in picchiata: quali effetti sui mercati?
Nelle ore immediatamente successive all’annuncio del consiglio direttivo e alla conferenza stampa della presidente Lagarde, né le Borse né lo spread hanno dato particolare peso alle novità: sintomo che le posizioni da “falco” ribadite dai vertici delle banche centrali, non solo nell’area dell’euro ma anche negli States, sono già state rielaborate e digerite. O, per dirla nel gergo della finanza, sono state scontate dai mercati.
Quel che ogni investitore deve fare, a questo punto, è continuare a monitorare il day by day senza però mai perdere di vista gli obiettivi di lungo periodo, siano essi la pensione, una casa o l’università dei figli. Per farlo al meglio, può sempre avvalersi dell’assistenza e della consulenza del suo Financial Coach.