Meteo Mercati: tassi fermi in Europa, Pil Usa più forte delle attese
Il mese di gennaio si è concluso in terreno decisamente positivo per i principali indici azionari, nonostante le tensioni geopolitiche ancora in atto.
In un mese dove le tensioni geopolitiche hanno continuato a farsi sentire, i maggiori listini azionari mondiali hanno comunque registrato performance decisamente positive.
L’attenzione dei mercati è tutta rivolta alle attese per i primi tagli dei tassi di interesse, ma la Banca centrale europea e la Fed hanno preferito ribadire l’atteggiamento cauto circa le tempistiche di un ritocco al costo del denaro: la presidente della Bce, Christine Lagarde, ha spiegato che i tagli arriveranno quest’anno, ma potrebbe volerci un po’ di pazienza in più rispetto alle aspettative maturate negli ultimi mesi. Anche il numero uno della Fed, Jerome Powell, ha aperto a un taglio, ma ha avvertito che non sarà imminente.
Sono tante, infatti, le incognite che si stagliano all’orizzonte: da un lato, un possibile proseguimento delle tensioni geopolitiche potrebbe mettere sotto pressione il costo di gas e petrolio. Dall’altro, l’eventuale protrarsi della crisi sul canale di Suez potrebbe allungare i tempi di consegna delle merci, una situazione che si è già toccata con mano nel corso della pandemia. Ecco perché Fed e Bce vogliono osservare l’evolversi della situazione prima di sbilanciarsi sui tempi di un taglio dei tassi.
Commercio mondiale sotto i riflettori
Dal canale di Suez passa una fetta consistente del commercio mondiale. Secondo i calcoli delle Nazioni Unite, nei due mesi successivi agli attacchi dei ribelli yemeniti Houthi, vicini all’Iran, il trasporto di merci è diminuito del 45%. In molti, per evitare pericoli, preferiscono prendere rotta per il Capo di buona Speranza, allungando di molto i tragitti delle navi e riducendo, di fatto, la disponibilità di imbarcazioni. L’effetto è un progressivo allungamento dei tempi di consegna. Non a caso l’Unione europea ha deciso di mandare la missione navale Aspis per scortare le navi cargo nel Canale.
Fed e Bce preferiscono la cautela
Nel suo ultimo meeting di politica monetaria, la Bce ha deciso di lasciare invariati i tassi d’interesse al 4,5% per i rifinanziamenti principali: in linea con quanto atteso dai mercati, non ci sono stati nuovi rialzi. Ma la dialettica della presidente Christine Lagarde è stata più cauta: il board di Francoforte ritiene infatti che sia troppo presto per procedere a un taglio dei tassi, che a questo punto dovrebbe avvenire nella seconda parte dell’anno.
Anche la Federal Reserve di Jerome Powell non ha toccato i tassi e si è detta cautamente aperta a una revisione al ribasso del costo del denaro, anche se non imminente. La Fed è alle prese con un’economia Usa tutt’altro che stagnante al cospetto di un’inflazione leggermente più alta e con una componente legata ai consumi più consistente di quanto non accada in Europa.
Economia Usa più veloce delle attese
Nonostante i tassi elevati e i problemi – ormai superati - al sistema bancario, l’economia americana prosegue nel suo periodo di forza. Tant’è che, in base agli ultimi dati diffusi in lettura preliminare, nel quarto trimestre del 2023 il Prodotto interno lordo degli Stati Uniti è aumentato del 3,3% rispetto al +4,9% del trimestre precedente. Si tratta di un dato ben superiore alle attese, che configura un sistema economico che sta digerendo bene l’elevato costo del denaro. Buoni segnali anche sull’inflazione core Pce, che è scesa al 2,9% a dicembre.
E la Cina?
Il Paese del Dragone è alle prese con consumi deboli e con una popolazione in calo per il secondo anno consecutivo. Il Pil nel quarto trimestre è comunque cresciuto al 5,2%, anche se il tasso è inferiore alle attese degli analisti.
Germania ed Eurozona
Il Paese Occidentale forse più legato alla Cina è la Germania, che anche a causa della debolezza del Dragone dovrebbe aver chiuso il 2023 con un Pil in leggero calo. E, anche per il 2024, l’aspettativa è per una performance modesta. Essendo l’economia più importante a livello europeo, il suo andamento potrebbe influenzare, almeno in parte, le altre economie del Vecchio Continente. Per ora però, i mercati non sembrano curarsi dei dati arrivati da Berlino.