La Fed si prende una pausa, altri 25 punti per la BCE
Al momento il percorso sembra divergere, ma entro fine anno entrambe le banche centrali dovrebbero varare altre due strette.
Dopo mesi in cui le due banche centrali si sono mosse (quasi) in sincrono, a giugno il loro percorso ha cominciato a divergere. Se la Fed, che ha iniziato prima a rialzare i tassi, si è presa una pausa, la BCE ha deciso di proseguire con un aumento del costo del denaro da 25 punti base.
La BCE prosegue nella stretta monetaria
Francoforte ha portato il tasso di riferimento al 4%, quello sui depositi al 3,5% e quello per il rifinanziamento marginale al 4,25%. Confermata, da luglio, la fine dei reinvestimenti dei titoli in scadenza acquistati nell’ambito del programma APP.
“Non stiamo pensando a una pausa”, ha dichiarato in conferenza stampa la presidente Christine Lagarde. “A meno di cambiamenti radicali nei nostri scenari di base, continueremo ad alzare i tassi alla prossima riunione”. Di una sosta, ha precisato, non si è nemmeno parlato perché “abbiamo ancora lavoro da fare”.
Il rialzo dei tassi di giugno è stato considerato necessario, si legge nel comunicato emesso alla fine della riunione, perché “l’inflazione è calata ma si stima che resterà troppo alta troppo a lungo”.
Le proiezioni su crescita e inflazione
Secondo le ultime proiezioni della BCE, l’inflazione, che a maggio era al 6,1%, dovrebbe attestarsi:
- al 5,4% alla fine dell’anno, in lieve aumento rispetto al 5,3% stimato a marzo;
- al 3% alla fine del 2024, dal precedente 2,9%;
- e al 2,2% per la fine del 2025, in linea con le previsioni precedenti.
A far propendere il Consiglio direttivo verso un ulteriore aumento dei tassi sono state soprattutto le pressioni sull’inflazione di fondo, ancora molto forti. L’indice dei prezzi depurato di energia e alimentari, infatti, è stato rivisto al rialzo sulla spinta dell’incremento del costo del lavoro unitario.
L’inflazione di fondo dovrebbe attestarsi al 5,1% al termine dell’anno in corso, contro il 4,6% previsto a marzo. Dovrebbe poi scendere al 3% (dal 2,5% stimato tre mesi fa) nel 2024 e al 2,3% (dal 2,2%) nel 2025.
Al tempo stesso sono state ridimensionate le proiezioni sulla crescita. Per quest’anno il PIL dovrebbe aumentare dello 0,9%, meno dell’1% stimato a marzo, mentre per il 2024 le previsioni indicano un +1,5% (dall’1,6%) e per il 2025 un +1,6% (invariato).
Previsti almeno altri due rialzi quest’anno
Il comunicato finale spiega che le condizioni di finanziamento più restrittive “stanno avendo gradualmente un impatto sull’economia” e che il costo del credito è salito rapidamente, mentre la crescita dei prestiti sta rallentando. Tuttavia, le previsioni confermano che la stretta non è ancora sufficiente. Al punto che gli analisti non si limitano a scommettere su un rialzo nel prossimo vertice di luglio, ma arrivano a ritenerne probabile un altro a settembre.
La Fed mantiene i tassi invariati
I rialzi sono in pausa, ma all’orizzonte rimangono ulteriori strette. Almeno due entro la fine dell’anno, con l’obiettivo di contenere le pressioni inflazionistiche e raffreddare la crescita. Dopo dieci rialzi consecutivi da marzo 2022, la Fed ha deciso di imprimere una svolta nella sua politica monetaria: i tassi rimarranno nella forchetta del 5-5,25%.
La pausa è stata però da “falco”: un nuovo aumento potrebbe arrivare già alla prossima riunione di luglio se l’economia e l’inflazione lo renderanno necessario. “Quasi tutti i partecipanti considerano probabili ulteriori strette quest’anno”, ha detto il numero uno della Fed Jerome Powell durante la conferenza stampa, anche se alcuni esponenti della banca centrale USA hanno per ora ritenuto “prudente” mettere in pausa i rialzi.
Una scelta che, come si legge nel comunicato della Fed, “consente di valutare addizionali informazioni e le loro implicazioni per la politica monetaria”.
Ulteriori rialzi terranno conto della stretta cumulativa, del ritardo con il quale questa influenza l’attività economica e l’inflazione, e degli sviluppi economici e finanziari.
Fed tra previsioni e dati sui prezzi
La crescita dovrebbe mantenersi robusta, al +1%, contro lo 0,4% stimato in precedenza, mentre la disoccupazione dovrebbe salire dal 3,7% al 4,1%, invece che al 4,5%. Ma se i timori per una recessione sembrano affievolirsi, lo stesso non vale per la corsa dell’inflazione, che continua a ritmi sostenuti. Seppure in discesa (i prezzi al consumo a maggio hanno rallentato al 4% annuale dal 4,9% di aprile), l’inflazione rimane in cima alle preoccupazioni della banca centrale USA.
Il Personal Consumption Expenditures Price Index (PCE), l’indice dei prezzi più seguito dalla Fed nelle sue valutazioni, è previsto in calo dal 4,7% al 3,9% a fine anno, un livello superiore al 3,6% stimato finora.
Cosa ci dicono le recenti decisioni sui tassi?
Come hai visto dal nostro riassunto, la situazione è piuttosto diversa sulle due sponde dell’Atlantico. Eppure, emerge un tratto comune: la lotta all’inflazione non è ancora finita.
Per comprendere al meglio le opportunità e le implicazioni che ciò porta con sé, non ti resta che confrontarti con un consulente finanziario in grado di fare con te tutte le valutazioni del caso, tenendo l’emotività rigorosamente fuori dalla porta.