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L’Europa ha votato: quali prospettive per l’economia e i mercati?

Lo spostamento a destra del baricentro politico avrà riflessi sull’agenda della Commissione UE. Attenzione però alle macrotendenze, che restano sullo sfondo.

L’elettorato europeo ha parlato. E con le elezioni che si sono svolte dal 6 al 9 giugno ha stabilito che, con un margine importante, sarà il Partito Popolare Europeo (PPE), di centro-destra, il gruppo politico più consistente nel prossimo Parlamento UE, con quasi il 26% dei seggi in più. Verdi e Liberali di Renew sono arretrati, mentre il maggior incremento in termini percentuali lo hanno registrato i cosiddetti partiti non allineati, che non fanno parte di alcun gruppo politico nel Parlamento Europeo, grazie alla spinta arrivata dalla formazione tedesca AfD.

Questo per quanto riguarda il dato politico. Noi, oggi, guardiamo in avanti e ci chiediamo: le elezioni europee avranno un impatto sull’economia, a livello nazionale e aggregato? Decisamente sì, e vediamo perché.

Nuove alleanze (e una probabile nuova agenda)

Per rispondere, però, dobbiamo tornare un momento al dato politico. E il dato politico ci dice che in questo appuntamento elettorale i partiti di estrema destra hanno registrato risultati significativi in molte aree. Tuttavia, è il centro che detiene ancora la maggioranza, perciò ora molto dipende dalla volontà e dalla capacità dei partiti di collaborare e, come sottolinea Carsten Brzeski, Global Head of Macro di ING, “non solo per qualche settimana, ma per cinque anni”.

I commenti di alcuni membri del PPE suggeriscono che il partito non esclude una collaborazione con il gruppo dei Conservatori e Riformisti, che hanno nella presidente del Consiglio italiana Giorgia Meloni il loro informale punto di riferimento.

Come sottolinea Brzeski di ING, “è molto probabile che il PPE proponga il prossimo presidente della Commissione Europea e che si prospetti un secondo mandato per Ursula von der Leyen”.

Con queste premesse, tuttavia, un secondo mandato implicherebbe priorità economiche molto diverse da quelle che ne hanno scandito il percorso finora.

Secondo mandato, nuove priorità economiche

Se effettivamente la presidente della Commissione UE Ursula von der Leyen ottiene la riconferma dal neoeletto Parlamento Europeo per un secondo mandato, potrebbe da una parte veder convalidate le iniziative geopolitiche sui vari fronti (Ucraina o relazioni commerciali con la Cina). Ma dopo l’arretramento dei Verdi e l’ascesa dei populisti, un nuovo o più ambizioso Green Deal appare ben più improbabile. Molto più probabile, invece, che una seconda Commissione a guida von der Leyen concentrata su questioni di sicurezza, politica industriale e rinvii delle scadenze (o attenuazioni degli obiettivi) per la transizione green. Non solo: Brzeski fa un’altra riflessione.

“Non sono da escludere nemmeno modifiche alla tassonomia dell’Unione Europea.”

Lo spostamento del baricentro UE verso partiti e politiche più nazionaliste, sia a livello europeo sia sulle varie scene nazionali (si veda il caso della Francia, che ora va verso elezioni anticipate, e della Germania), comporta inoltre che i grandi progetti europei transfrontalieri hanno meno probabilità di venire realizzati o ulteriormente sviluppati a breve. Il che, secondo Brzeski, potrebbe valere anche per l’Unione dei Mercati dei Capitali (vedi anche Capital Markets Union: cos’è e a cosa servirà?) o per i nuovi veicoli di investimento comuni europei.

Le implicazioni a breve e a lungo termine

Certo, non ti devi aspettare che la politica europea cambi da un giorno all’altro, né che l’impatto sull’economia si faccia sentire immediatamente: sarà, come sempre è stato, un processo graduale, che ovviamente risentirà anche di quanto sta avvenendo sulla scena nazionale di Paesi come la Germania e la Francia, prima e seconda economia del Vecchio Continente. Così commenta Brzeski.

“Le conseguenze nazionali dei risultati elettorali cambieranno probabilmente i parametri della cooperazione europea, con un maggiore spostamento verso l’agenda interna.”

Ma lo spostamento a destra in molti Paesi potrebbe portare a politiche fiscali più accomodanti a livello nazionale, sia attraverso stimoli a favore della crescita sia con maggiori trasferimenti a supporto del tessuto sociale. Ciò, di riflesso, potrebbe dar luogo a tre conseguenze: un innalzamento del deficit e del debito pubblico in molti Paesi; nuove tensioni con la Commissione Europea; qualche incertezza sui mercati finanziari, in termini di risalita dei rendimenti e degli spread.

Vietato ignorare le macrotendenze di lungo termine

Fermo restando che, come conclude Brzeski, sarà compito dei responsabili politici – europei e nazionali – stroncare sul nascere le preoccupazioni, va detto che l’eventuale rimodulazione delle priorità economiche in sede UE potrebbe aprire opportunità su alcuni fronti (quello della sicurezza, per esempio), senza però scalfirle del tutto in altri che al momento sembrano partire più svantaggiati.

Alcune forze vanno infatti ben oltre le contingenze elettorali: la transizione “green”, così come quella digitale, potrà subire rallentamenti in alcune fasi – ed è già accaduto nel recente passato – ma le macrotendenze di lungo periodo sono ancora lì e ormai paiono pressoché ineluttabili. È troppo presto per dire addio agli investimenti ad esse correlati, e forse non è il caso di dirglielo affatto.

Ma per ragionare con calma e a bocce ferme sull’orizzonte di opportunità che si profila, è bene come sempre confrontarsi con un Financial Coach.

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