Fari puntati sui rialzi della Fed e sul petrolio
A gennaio inflazione da record negli States e in Europa. La Fed di Jerome Powell contribuisce a dettare la linea a tutto il mese, mentre cresce la tensione tra Russia e Ucraina
Gennaio complicato per i listini azionari, tra rialzo dell’inflazione, attesa della decisione Fed sui tassi e tensioni geopolitiche in area Ucraina. Un cambio di umore si è registrato a Piazza Affari nell’ultimissima seduta del mese, quella di lunedì 31 gennaio, in prospettiva del Mattarella-bis e dei suoi riflessi positivi sulla tenuta del governo Draghi e, di conseguenza, sulla stabilità del Paese.
Riscatto anche per il Nasdaq, alla luce dei dati oltre le attese di Apple, che hanno dato la spinta anche ai titoli tecnologici in Europa. Ha svettato il petrolio, ancora in corsa. Ma vediamo i fatti del mese uno per uno.
Fari puntati sulla Fed
Proprio la Federal Reserve del presidente Jerome Powell, fresco di riconferma, ha contribuito a dettare la linea a tutto il mese. Con un sottostante: il dato sull’inflazione. Dall’evoluzione dei prezzi dipenderanno infatti le mosse delle banche centrali, a cominciare proprio da quella Usa, che non chiama più “transitorio” l’incremento dei prezzi.
Ai primi del mese Powell ha fatto sapere che la Fed rivedrà per tre volte al rialzo i tassi nel 2022, specificando che comunque ciò dipenderà dai dati e che verranno utilizzati “gli strumenti a nostra disposizione per sostenere l’economia e un forte mercato del lavoro e per impedire il consolidamento dell’inflazione”.
Poi, mercoledì 26 gennaio, si è svolta l’attesissima prima riunione dell’anno della banca centrale statunitense. La quale ha deciso di tenere per il momento i tassi fermi. Ma il presidente Powell ha detto che l’autorità monetaria è pronta ad alzarli a marzo – c’è chi già si aspetta un rialzo di 50 punti base – e non ha escluso di muoversi a ogni riunione per affrontare l’inflazione.
Le mosse della Bce
La presidente della Banca centrale europea Christine Lagarde, dal canto suo, ha respinto le richieste di ritoccare i tassi al rialzo in maniera più rapida del previsto: una simile mossa, sostiene, potrebbe mettere un freno alla crescita economica.
Inflazione, la spia è accesa
Ma si diceva, appunto, dell’inflazione. Quella misurata dalla stessa Fed ha fatto segnare un +5,8% anno su anno, una crescita che non si vedeva dal 1983. Sullo sfondo, un quarto trimestre 2021 in cui il Prodotto interno lordo Usa ha riportato una crescita del +6,9% rispetto a un anno prima.
Nell’Eurozona l’inflazione a dicembre ha segnato un nuovo record storico, attestandosi al 5%. Numeri che non si vedevano da 30 anni anche in Germania e nel Regno Unito, dove i prezzi sono saliti, rispettivamente, del 5,3% e del 5,4% nell’ultimo mese dell’anno.
Rendimenti in salita
L’attesa di una Fed più restrittiva ha essa stessa effetti restrittivi, potremmo dire. E un effetto che si ripresenta in questi casi è l’innalzamento dei rendimenti dei titoli del Tesoro Usa, con riflessi sull’obbligazionario governativo in tutto il mondo. Cosa che in queste settimane è puntualmente avvenuta.
Rendimenti in salita anche in Italia, dove ha registrato un rialzo anche il famoso spread, la differenza di rendimento tra il nostro Btp a 10 anni e il Bund tedesco di pari durata, considerato termometro della serenità o viceversa dell’ansia che gli investitori nutrono sullo stato di salute del nostro Paese. Dopo aver superato i 140 punti base, a fine gennaio l’indicatore si attestava sui 134, dai 100 circa dello scorso autunno.
Spread in rialzo: perché?
C’è ancora la pandemia di Covid-19 (il mese si è concluso con l’Italia che ragionava sul superamento del sistema dei colori), tra varianti e periodiche ondate. Ma fino a qualche giorno fa c’era anche la prospettiva del cambio della guardia al Quirinale: il 24 gennaio il nostro Parlamento si è riunito per la prima volta per eleggere il successore del presidente della Repubblica Sergio Mattarella.
L’idea era che un mancato accordo fra le varie forze politiche sul nome del successore potesse minare la tenuta dell’attuale governo di larghe intese, a guida Draghi. Com’è finita?
Altri sette anni
È finita con il presidente uscente Mattarella rieletto per un secondo mandato, nell’ottavo scrutinio, con 759 voti su 983 presenti, secondo presidente più votato della storia dopo Sandro Pertini.
Tensioni geopolitiche
Ma, come accennato all’inizio, ci sono state fibrillazioni importanti a livello geopolitico. In particolare, le tensioni tra Stati Uniti e Russia sull’Ucraina – divisa tra progetti di adesione alla Nato e storica appartenenza alla sfera d’influenza di Mosca – sono arrivate ben oltre le stelle. All’Europa – in particolare Francia e Germania – l’arduo compito di tentare una mediazione.
Allarme energia (e bollette)
Una leva su cui agire Mosca ce l’ha: è la fornitura di gas a Occidente. Il presidente americano Joe Biden e la presidente della Commissione Ue Ursula von der Leyen hanno annunciato una stretta collaborazione per garantire le forniture all’Europa in caso di attacco russo. Intanto, tra crisi internazionale e balzo dell’inflazione, s’impennano anche le nostre bollette.
Non solo Ucraina
L’ambasciatore cinese negli Stati Uniti Qin Gang ha detto esplicitamente che i due Paesi rischiano un conflitto militare sul futuro di Taiwan.
Le quotazioni del greggio
Il mese di gennaio si è chiuso per il barile del petrolio in rialzo rispetto ai livelli di inizio mese, con il Brent a 89 dollari al barile e il WTI a 88 dollari. A condizionare le quotazioni, la nuova ondata Covid, le tensioni geopolitiche e le preoccupazioni per le forniture.
Criptovalute sotto pressione
I segnali di politica monetaria “hawkish” da parte della Fed, così come i nuovi accenni di regolamentazione più o meno stringenti, hanno messo sotto pressione le monete digitali: Bitcoin ha tentato un recupero, fermandosi a fine mese sui 34mila dollari.