Cosa puoi imparare dal caso SVB e dalle banche europee
Il fallimento della Silicon Valley Bank e le difficoltà del Credit Suisse hanno destato preoccupazioni: quali lezioni possiamo ricavarne?
Alla fine, la stretta monetaria si è fatta sentire sul settore bancario. E negli Stati Uniti è stata all’origine dei guai di SVB, dichiarata fallita il 10 marzo, e dell’insolvenza di altre due banche regionali. Ne abbiamo parlato, ricordi? Questi istituti, relativamente piccoli per i canoni del mercato USA, hanno registrato nell’ultimo anno forti deflussi di depositi.
Quando i correntisti, soprattutto start-up tecnologiche, hanno iniziato a prelevare, le banche sono state costrette a liquidare in fretta e furia i titoli che detenevano in portafoglio e che si erano deprezzati in seguito al rialzo dei tassi varato dalla Fed. E quando poi la crisi è arrivata, per frenare il panico il segretario al Tesoro Janet Yellen e il governatore della Fed Jerome Powell hanno deciso di tutelare tutti i depositi, anche quelli superiori ai 250mila dollari non coperti da garanzia federale, di SVB e di Signature Bank, rinunciando a proteggere azionisti e obbligazionisti.
Qual è la situazione in Europa?
In Europa le cose sono andate in modo piuttosto diverso. Anche perché nella bufera è finita solo Credit Suisse, le cui difficoltà erano note da tempo. Già nel quarto trimestre del 2022 la seconda banca svizzera aveva dovuto far fronte a un massiccio deflusso di fondi e depositi. Il deterioramento delle condizioni di mercato, a marzo, ha aggravato la situazione, spingendo Credit Suisse al matrimonio con UBS.
A pesare è stata poi la decisione delle autorità svizzere di azzerare i bond AT1 di Credit Suisse: il mercato di questo tipo di obbligazioni, utilizzate dalle banche per rispettare i requisiti patrimoniali fissati dalla vigilanza UE, ne ha risentito.
Non c’è una nuova Lehman
Di fronte a tutto ciò, alcuni, lo sappiamo bene, hanno agitato lo spettro Lehman Brothers. Non è affatto la stessa cosa. Innanzitutto, perché i problemi sono circoscritti ad alcune banche regionali statunitensi, peraltro non sistemiche, e, in Europa, al Credit Suisse. Qui, tra l’altro, la Banca Nazionale Svizzera e il governo hanno affrontato in modo tempestivo la crisi. Per quanto riguarda gli States, le banche di maggiori dimensioni hanno beneficiato dei massicci afflussi di depositi provenienti dagli istituti più piccoli e più in difficoltà.
Un quadro che, secondo gli analisti di ING Think, “rende la probabilità di un’ampia crisi sistemica piuttosto limitata”. Inoltre, nessuna banca finita sotto pressione nell’ultimo mese rivestiva un ruolo all’interno del settore bancario mondiale paragonabile a quello svolto da Lehman Brothers. Pertanto, sempre secondo gli esperti di ING Think, “un effetto domino come quello che si è verificato durante la crisi del 2007-2009 non appare probabile”.
Più che altro si è innescata una crisi di fiducia, che non sarà senza conseguenze. Già da tempo, infatti, le banche stavano irrigidendo le condizioni del credito. Il rischio, ora, è che gli standard creditizi si facciano ancor più stringenti. E se sul fronte dei prestiti alle imprese le banche regionali tirano i remi in barca, è difficile che gli istituti più grandi riescano a colmare il vuoto per intero.
Qual è la situazione in Europa?
Dalla crisi finanziaria del 2007-2008 e da quella dell’euro, le banche europee di maggiori dimensioni sono soggette a una regolamentazione molto più stringente della precedente. Mentre il Meccanismo di Sorveglianza Unico, insieme alle autorità nazionali, assicura trasparenza e conduce stress test molto severi, il Meccanismo di Risoluzione Unico ha aiutato a rompere quel circolo vizioso tra debiti sovrani e banche che era stato alla base della crisi del 2010-2012.
In generale, il sistema bancario europeo presenta una solida posizione in termini di capitale ed è dotato di sostanziose riserve per assorbire eventuali perdite. Questo gli consentirebbe di far fronte a un deterioramento significativo della qualità del credito. Inoltre, le banche devono rispettare stringenti requisiti di liquidità a breve e a lungo termine. Non solo: nel caso si verificassero perturbazioni sul fronte della raccolta bancaria, la BCE ha tutti gli strumenti per intervenire, magari riaprendo le aste TLTRO, le operazioni mirate di rifinanziamento a più lungo termine (Targeted Longer-Term Refinancing Operations) pensate per sostenere l'erogazione del credito bancario all'economia reale.
Il punto sul mercato del credito
Nell’area euro, gli ultimi eventi hanno inciso poco sul livello di stress finanziario dei mercati, che sono stati invece molto più colpiti dalla guerra in Ucraina e dalla stretta monetaria della BCE. Del resto, già prima di marzo le condizioni creditizie si stavano irrigidendo. Negli Stati Uniti, secondo la Fed, a gennaio i prestiti alle imprese commerciali e manifatturiere si sono ridotti per la prima volta dal terzo trimestre 2021. E tuttavia, sono ancora superiori del 12% rispetto al gennaio del 2022 e del 20% sui livelli del 2019.
Come tradurre tutte queste informazioni in scelte di investimento? La regola è sempre la stessa: non farti prendere dall’emotività. Mantenere i nervi saldi, senza smontare il portafoglio al minimo stormir di fronde, è infatti il consiglio numero uno nel mondo della finanza. E ricorda che per orientarti nel mondo dei mercati finanziari puoi sempre fare affidamento alla consulenza di professionisti come i Financial Coach di ING Italia, pronti a individuare con te le soluzioni più adatte al tuo profilo di rischio e ai tuoi obiettivi.