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USA e Cina ai ferri corti. Cosa sta succedendo?

Le due superpotenze sono “a un passo dalla guerra fredda”. Gli ultimi terreni di scontro? La gestione dell’epidemia e la legge cinese su Hong Kong

L’emergenza Covid deteriora i rapporti.

La tensione è tornata a salire nelle ultime settimane tra Stati Uniti e Cina che, ancora una volta, si trovano ai ferri corti, tanto da parlare di una “nuova guerra fredda” imminente. Ad accendere la miccia questa volta è stata la gestione dell’epidemia da coronavirus: gli Stati Uniti accusano Pechino di aver contribuito alla diffusione del contagio, insabbiando le prime fasi dell’epidemia e nascondendo informazioni importanti. “Avrebbero potuto fermarla”, ha dichiarato il presidente Trump. “È stato il più grande attacco che il nostro Paese abbia mai ricevuto”.
E a deteriorare ulteriormente la situazione è stata la proposta di legge “sulla sicurezza nazionale” avanzata nei giorni scorsi dalla Cina per tentare di tirare le redini sulla gestione di Hong Kong. Una mossa vista da molti (USA in primis) come la fine dell’autonomia dell’ex colonia britannica, anche se Pechino assicura che “non danneggerebbe l’alto grado di autonomia di Hong Kong, i diritti e le libertà dei suoi residenti e gli interessi legittimi degli investitori esteri”.
La verità è che la crisi sanitaria è stata solo l’ultimo dei numerosi terreni di scontro tra le due super potenze, le cui divisioni risalgono a ben prima dell’emergenza pandemica.
Ideologicamente agli antipodi da sempre, USA e Cina si contendono in definitiva la leadership globale, con Washington che si sente sempre più minacciata dall’avanzata di Pechino su diversi fronti. A partire da tecnologia e commercio, due ferite aperte nelle difficili relazioni bilaterali.

Il caso Huawei. Huawei è il simbolo dell’avanzata tecnologica cinese: a gennaio il colosso della telefonia mobile ha superato Apple nella vendita degli smartphone. Trump ha tentato fin da subito di arginare la “minaccia”. A dicembre del 2018 la Casa Bianca ha fatto arrestare all’aeroporto di Vancouver, Meng Wanzhou, direttrice finanziaria di Huawei e figlia del fondatore Ren Zhengfei.
E pochi mesi più tardi, Trump ha dichiarato l’inserimento di Huawei nella “lista nera” delle aziende che minacciano la “sicurezza delle infrastrutture di comunicazione” statunitensi, escludendo di fatto i prodotti e la tecnologia 5G dell’azienda cinese dal mercato americano (il divieto tra l’altro è stato confermato pochi giorni fa).

Guerra dei dazi.

Al grido dello slogan “America First”, il presidente americano ha colpito duramente il commercio tra Stati Uniti e Cina arrivando, a maggio 2019 Trump ad aumentare dazi sui prodotti importati dalla Cina per un valore di 200 miliardi. Una mossa a cui Pechino ha risposto annunciando a sua volta altrettanti dazi sui prodotti americani. Lo scorso dicembre si è arrivati a una tregua, che però al momento sembra quanto mai incerta.

Nemici amici.

Ecco allora che la crisi scatenata dall’epidemia ha fornito al presidente USA un ottimo pretesto per individuare nella Cina il “capro espiatorio” esterno perfetto contro cui puntare il dito.
La questione però è più complessa di così. Sì, perché le due superpotenze, pur così distanti sul piano ideologico e in competizione tra loro, sono anche indispensabili l’una per l’altra: sul piano commerciale innanzitutto – motivo per cui sono arrivate a siglare un accordo (anche se solo parziale, la famosa “Fase 1”) lo scorso gennaio – ma anche su quello finanziario, con Pechino che detiene una grande quantità di debito pubblico statunitense. Rompere del tutto le relazioni non è una strada facilmente percorribile.

Sul filo del rasoio.

Ecco perché si continua a camminare sul filo del rasoio, sempre a un passo dalla rottura, ma senza arrivarci mai completamente. Anche se, ultimamente, le occasioni di scontro sembrano moltiplicarsi.

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