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Mercati, quant’è complicato il ritorno alla normalità

L’andamento dei mercati ha fatto sperare nel ritorno a una sorta di normalità. Ma prima la pandemia e ora il conflitto in Ucraina hanno messo in discussione l’intero modello economico dell’Eurozona: il parere degli esperti

Quasi due mesi di guerra in Ucraina. Di già. E i mercati che fanno? Sembrano tornati a una sorta di normalità, tra azionario in ripresa e rublo russo quasi ai livelli prebellici. Hanno ragione i mercati? Un vecchio adagio dice che, sì, i mercati hanno sempre ragione. Ma c’è chi, almeno stavolta, non se la sente di sottoscrivere. È Carsten Brzeski, Global Head of Macro di ING.

I mercati? Non hanno sempre ragione

“Niente che abbia a che fare con questa guerra è normale”, scrive in un articolo apparso su “Think”, l’area che raccoglie le analisi economiche e finanziarie degli esperti di ING. “Al contrario, le implicazioni economiche della guerra, delle sanzioni e delle auto-sanzioni hanno appena iniziato a dispiegarsi e continueranno a influenzare l’economia globale, quella europea in particolare, per molto tempo”.

Quale impatto economico avrà la guerra?

Secondo Brzeski, non è semplice – né, forse, possibile – fare una valutazione di questo tipo. “Gli ultimi due anni di pandemia hanno dimostrato che i modelli economici non sono in grado di prevedere con precisione le conseguenze economiche di un evento senza precedenti”.

Ma non c’è davvero niente che si possa fare? In effetti, qualcosa c’è. Ciò che i modelli e gli economisti possono attualmente fare è mettere a fuoco e analizzare le varie cinghie attraverso le quali la guerra in Ucraina può trasmettere le sue conseguenze all’economia globale, oggi e nel futuro prossimo.

“Pensate all’impatto e al ruolo che l’energia e le materie prime giocano attualmente, a come le catene di approvvigionamento saranno colpite ancora una volta, ma anche a come l’inflazione rimarrà più alta più a lungo, il tutto mentre l’Europa sta cercando di finanziare una transizione verde ancor più rapida, combinata a una maggiore spesa per la difesa”.

Insomma, ci dice Brzeski, sicuramente l’Europa ha davanti a sé molte sfide da superare.

“Per il continente, la guerra è molto più un game-changer di quanto lo sia mai stata la pandemia. Non solo in termini di politiche di sicurezza e difesa, ma anche e soprattutto in riferimento all’intera economia”.

Stesso export, meno import di energia: è possibile?

In sostanza, spiega Brzeski, quello che ha fatto finora la pandemia e che sta facendo ora la guerra è mettere in discussione il modello economico fondamentale dell’Eurozona. Il modello, cioè, di un’economia orientata all’export, dotata di una robusta spina dorsale industriale, ma fortemente dipendente dall’import di energia.

L’Eurozona, che certamente ha beneficiato della globalizzazione, ora deve accelerare la transizione verde e l’autonomia energetica e allo stesso tempo aumentare la spesa per la difesa e i finanziamenti alle iniziative volte a migliorare digitalizzazione e istruzione. È una gran bella sfida. Potremmo quasi dire, la regina di tutte le sfide. Ma si può – e si deve – riuscire a vincere.

Finché l’Eurozona non la vincerà, la pressione sui redditi e i risparmi delle famiglie rimarrà molto alta. Anche perché, ricorda Brzeski, la guerra si sta svolgendo nel “granaio” d’Europa, l’area di produzione chiave per grano e mais. “I prezzi dei beni alimentari saliranno a livelli senza precedenti”, e l’impennata dell’inflazione, che potrebbe letteralmente diventare una questione di vita o di morte nelle economie in via di sviluppo, non è cosa da ridere nemmeno nelle economie sviluppate.

Inflazione: ci stiamo avvicinando al rialzo a doppia cifra?

Secondo le stime flash di Eurostat, a marzo il tasso di aumento del livello generale dei prezzi si è attestato al +7,5% annuo nell’area dell’euro. Tutto questo in scia al rialzo dei prezzi dell’energia e del cibo: il tappo, come accennavamo prima, è saltato a causa della guerra in Ucraina.

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Il peggio è alle spalle? Molto probabilmente no: gli sviluppi dell’inflazione sono infatti condizionati da quelli della guerra in Ucraina, e a questo punto gli esperti di ING non se la sentono di escludere nemmeno un’inflazione a doppia cifra. A rendere il quadro più fosco ci si mettono i nuovi lockdown dovuti ai nuovi focolai di Covid-19 in Cina, che danno il loro contributo alle ulteriori interruzioni delle catene di approvvigionamento delle merci. Con conseguente riflesso sui prezzi.

Dietro ogni sfida c’è un’opportunità d’investimento

Così ti abbiamo sempre detto e così ti ripetiamo anche oggi. Per una serie di motivi. Se da un lato capiamo benissimo le ansie che potrebbero portarti a dire “ma chi me lo fa fare di togliere proprio adesso i miei soldi dal conto corrente, dove sono tranquilli e al sicuro”, dall’altra ti ricordiamo che in realtà non sono affatto così al sicuro. Infatti, sono come una golosa forma di formaggio lasciata a stagionare in cantina: non solo non aumenta di dimensione, ma rischia di venire aggredita e rosicchiata da un topo chiamato “inflazione”.

E stavolta il topo non è nemmeno così piccolo: come hai visto poco fa, parliamo infatti del +7,5% annuo, a fronte del +1,3% annuo che l’area euro registrò nel marzo del 2021. Onde evitare di lasciargli campo libero, è bene spostare almeno una parte di quella forma di formaggio. Ecco, diciamo: quella che non ci serve per il consumo immediato.

Ma dove metterla? In altre parole: come investire quei soldi? La regola aurea, valida in ogni fase economica e di mercato, è diversificare: mettere quel denaro in prodotti diversi, esposti a diverse aree geografiche, possibilmente anche in tempi diversi, investendo gradualmente con la modalità del PAC. Le opportunità le offrono le sfide di cui parla Carsten Brzeski nel suo post: transizione energetica e accelerazione dell’indipendenza dalle importazioni, politiche di sicurezza, ma anche istruzione e digitalizzazione.

L’importante, sempre e comunque, è parlare con un consulente finanziario prima di compiere qualunque scelta.

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