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La Cina scalda i motori per il 2022

Nel 2021 il Pil del Dragone è cresciuto dell'8,1% superando le attese. Cosa aspettarsi nel 2022?

Il 2021 non è stato un anno semplice per la Cina, che dopo la crisi innescata dalla pandemia di Covid ha continuato a mantenere una linea di estrema prudenza in merito ai nuovi contagi, con lockdown ripetuti in diverse città. Il tutto mentre esplodeva la crisi del debito immobiliare (ricordi il caso Evergrande?) e il presidente Xi Jinping varava una serie di normative più severe che hanno rallentato, almeno temporaneamente, interi settori economici (a partire da quello tech).

Un po’ di numeri

Ebbene, tutti questi eventi hanno comprensibilmente avuto una ripercussione sui numeri del quarto trimestre del 2021. Il Pil del Dragone ha rallentato, segnando un +4% rispetto al +4,9% del terzo trimestre (che già appariva basso rispetto agli standard a cui la Cina ci ha abituati). Nonostante ciò, grazie alla ripresa vertiginosa registrata nella prima metà dell’anno e alla crescita anemica del 2020 (+2,2%), l’intero 2021 si è chiuso con un +8,1%, un risultato migliore rispetto alle stime prudenti (almeno per Pechino) fissate al 6%.

Nello stesso periodo, giusto per farti un quadro completo della situazione, la produzione industriale è cresciuta del 9,6%, trainata dai settori delle nuove energie, dell’automobile e della robotica industriale. Sul fronte dei servizi, a distinguersi è stato in particolare il settore delle telecomunicazioni, con una crescita del 17,2%, mentre le vendite al dettaglio hanno registrato un +12,5% su anno. Infine, esportazioni e importazioni sono aumentate entrambe di circa il 21%. Insomma, numeri di tutto rispetto.

Assi nella manica e note dolenti

Numeri a parte, l’asso nella manica della Cina risiede, secondo gli economisti di ING, nello sviluppo di tecnologie avanzate. E parte del merito, anche se sembra paradossale, è del rapporto travagliato con gli Stati Uniti. Questi ultimi, infatti, stanno limitando le esportazioni di tecnologia verso la Cina, la quale ha dovuto rimboccarsi le maniche e avviare investimenti massicci nello sviluppo di competenze proprie nel campo della tecnologia avanzata. Si tratta di un ambito con un potenziale di crescita molto elevato.

E anche se il gap da colmare è ampio, gli investimenti in questo settore dovrebbero consentire di superare gli attuali colli di bottiglia. Certo, resta il fatto che le tensioni commerciali con gli Stati Uniti non sono una buona notizia per l’economia cinese: bisognerà monitorare attentamente i prossimi sviluppi su questo fronte.

E la banca centrale cosa fa?

La banca centrale della Cina ha tagliato i tassi di riferimento sui prestiti (Loan prime rate, Lpr) per il secondo mese consecutivo e ha abbassato il tasso sui prestiti a medio termine (Medium term lending facility, Mlf), nel tentativo di sostenere l’economia. Nel dettaglio, la People’s Bank of China ha ridotto il tasso Lpr a un anno al 3,70%, 10 punti base in meno rispetto al mese scorso. Il tasso Lpr a cinque anni è stato abbassato al 4,60%, dal 4,65%, mentre i tassi Mlf a un anno sono stati abbassati di 10 punti base al 2,85%.

Le mosse in ottica di allentamento monetario della People’s Bank of China sono in netta controtendenza rispetto all’orientamento delle altri grandi banche centrali, Fed e Bce in primis, che hanno iniziato la ritirata delle misure espansive messe in atto durante la crisi.

Questa divergenza, osservano gli esperti di ING, potrebbe innescare pressioni di deprezzamento sulla valuta cinese. Ma poiché i tassi in Cina sono ancora più alti di quelli statunitensi, tale pressione dovrebbe essere modesta – stando alle stime di Ing, il cambio dollaro/yuan cinese dovrebbe attestarsi a quota 6,35 a fine 2022.

Politica fiscale accomodante

Quanto alla politica fiscale, il governo centrale ha già dato disposizione ai governi locali di destinare i fondi raccolti tramite bond specializzati nel corso del 2022 a progetti infrastrutturali entro la fine del primo semestre 2022. Questo dovrebbe fare da volano al settore delle infrastrutture e sostenere la crescita del Pil.

Il governo ha anche dichiarato di puntare alla stabilità economica nel 2022, motivo per cui gli esperti di Ing non si aspettano un secondo round delle politiche aggressive viste nel secondo semestre dello scorso anno. La politica più radicale che potrebbe rimanere in vigore sarà il cosiddetto “deleveraging”, vale a dire la riduzione dell’indebitamento, per gli sviluppatori immobiliari. La qual cosa, stando a Ing, si tradurrà in un’attività di fusioni e acquisizioni per ridurre il rosso in capo agli operatori più pesantemente indebitati.

Cosa aspettarsi dal 2022?

Quanto, infine, alle previsioni circa le prossime mosse di politica monetaria, gli economisti ING prevedono un taglio di 5 punti base ogni mese nel tasso Lpr a un anno per tutta la prima metà del 2022, in linea con l’obiettivo di perseguire una crescita economica stabile. Questo a patto che non ci siano ulteriori difficoltà, legate per esempio all’andamento dei contagi: in tal caso, gli allentamenti monetari potrebbero essere più consistenti.

Per l’intero 2022 gli esperti prevedono una crescita del Pil intorno al 5,4% per la Cina in uno scenario base di relativa stabilità.

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