Groenlandia di nuovo sotto i riflettori: perché?
Cos’ha di tanto speciale la Groenlandia? Le potenzialità del Paese, il rapporto con gli Stati Uniti e il nodo dei minerali critici e della transizione energetica.
Quanto storiche siano le parole del presidente USA Donald Trump – tornato ufficialmente alla Casa Bianca lunedì 20 gennaio con la cerimonia di insediamento dopo la vittoria alle elezioni dello scorso 5 novembre – lo scopriremo solo col tempo. Fatto è che, durante una conferenza stampa nel suo resort Mar-a-Lago in Florida martedì 7 gennaio, il nuovo presidente ha parlato di fare del Canada il 51esimo Stato degli USA e non ha escluso l’uso della forza per portare sotto la sfera di controllo statunitense la Groenlandia e il Canale di Panama, oltre a proporre un cambio di nome per il Golfo del Messico (da Golfo del Messico, appunto, a Golfo d’America).
Pur nell’ottica di una politica estera sostanzialmente isolazionista, che prevedrebbe un disimpegno degli States dai vari scenari geopolitici, gli USA di Trump sembrerebbero avere tutta l’intenzione di mantenere e, anzi, espandere la loro sfera di influenza nel mondo occidentale, nell’ottica di “proteggere il mondo libero”.
Per gli osservatori più esperti, la conquista e l’annessione dei territori limitrofi sono però possibilità assai remote: tuttavia, è interessante notare come l’attenzione per la Groenlandia – un territorio che si autogoverna e che, anche se geograficamente parte del Nord America, costituzionalmente parlando appartiene alla Danimarca, che a sua volta è nell’Unione Europea – non sia affatto inedita. Per una serie di motivi.
Groenlandia: quei minerali critici che fanno gola
Uno di questi motivi potrebbe essere – come del resto ha confermato il consigliere per la sicurezza nazionale Michael Waltz a Fox News in un’intervista del 9 gennaio – la presenza sull’isola di giacimenti di minerali critici. Ossia, un sottoinsieme di materiali considerati essenziali per la transizione energetica. Tali minerali, esposti a un rischio tendenzialmente elevato di interruzione della catena di approvvigionamento, includono metalli come rame, litio, nichel, cobalto ed elementi delle terre rare. Componenti vitali per le emergenti tecnologie “green”, come le turbine eoliche e i veicoli elettrici, le tecnologie di stoccaggio dell’energia e le applicazioni per la sicurezza nazionale.
Jakob Kløve Keiding, consulente senior del Geological Survey of Denmark and Greenland (GEUS), ha dichiarato a CNBC che un’indagine del 2023 sulle risorse potenziali della Groenlandia ha stimato un totale di 38 materie prime sull’isola, tra cui metalli delle terre rare, grafite, niobio, metalli del gruppo del platino, molibdeno, tantalio e titanio. Tutto ciò è di grande importanza per l’economia UE. E, naturalmente, non solo per l’UE.
Leader indiscusso della catena di approvvigionamento di queste risorse naturali, con circa il 60% della produzione mondiale di minerali e materiali di terre rare, è – indovina un po’ – la Cina. Ovvero, il primo obiettivo della nuova guerra commerciale che l’amministrazione Trump sta preparando. Occorre diversificare le forniture, insomma.
Non solo Groenlandia: il potenziale della rotta artica
Abbiamo detto: la Groenlandia è un’isola del Nord America, costituzionalmente parte della Danimarca, che è in Europa. C’è, però, ancora un altro tema: la Groenlandia è anche geograficamente parte della regione artica, e con lo scioglimento dei ghiacciai l’Artico sta sempre più diventando area di conquista. Come mai?
Innanzitutto, per l’estrazione di idrocarburi. Secondo il Servizio geologico degli Stati Uniti, la regione artica è la più grande area petrolifera inesplorata rimasta sulla Terra: l’agenzia ha stimato che l’Artico potrebbe contenere fino a 90 miliardi di barili di riserve petrolifere non scoperte e circa 47 trilioni di metri cubi di gas naturale. Ciò equivarrebbe al 13% del petrolio totale non scoperto del mondo e a circa il 30% del gas naturale non scoperto.
Oltre a questo, offre un vantaggio sul piano dei collegamenti commerciali, ponendosi come alternativa ai due canali di Suez (Nord Africa) e Panama (Centro America).
Un’alternativa ai canali di Suez e Panama? Ora si può
Passare per i canali di Suez (aperto nel 1869) e Panama (inaugurazione nell’anno 1920) comporta un costo per le navi e un introito per chi li gestisce. Con lo scioglimento artico, quindi, stanno emergendo non solo nuove rotte – che fino a non molti anni fa erano riservate alle navi militari e ai mezzi della ricerca scientifica, i quali per percorrerle dovevano avvalersi di robuste attrezzature rompighiaccio – ma anche inedite opportunità economiche. In primis, per quei Paesi che sull’Artico hanno un affaccio: gli Stati Uniti (con l’Alaska), il Canada, la Russia e la Groenlandia stessa.
Una nuova mappa per il nord del pianeta?
Dobbiamo prepararci a una nuova mappa del nord del nostro pianeta? Sembrerebbe proprio di sì: se non per motivi geopolitici – difficilmente il presidente Trump darà corso alle sue minacce militari, preferendo la via della diplomazia commerciale – per ragioni di riscaldamento globale e di conseguente scioglimento dei ghiacciai. Insieme a nuove terre e a nuovi giacimenti, potrebbero emergere nuovissime opportunità. Per capire quali – e come includerle in un portafoglio adeguatamente diversificato – è bene, come sempre, parlarne con il tuo Financial Coach.