Cos’è la stabilità dei prezzi e perché è così importante?
Quando il tasso di inflazione corre troppo, le sfide per l’economia possono essere davvero importanti: ecco i motivi.
L’inflazione, soprattutto nell’ultimo anno, è tornata al centro delle preoccupazioni di economisti, politici e lavoratori-consumatori. Ad aprile nell’Eurozona i prezzi sono cresciuti del 7% su base annua, un livello che, seppure più basso del picco registrato a ottobre (quando, lo ricordiamo, l’indice toccò il 10,6%), rimane ancora molto elevato nel confronto storico.
Per tenere a bada l’inflazione, dal luglio dell’anno scorso la Banca Centrale Europea ha alzato i tassi di 375 punti base, una stretta che per rapidità non ha precedenti nella storia della moneta unica. Ma la lotta al carovita non è finita: molti analisti si aspettano altri rialzi nei prossimi mesi.
L’obiettivo perseguito da Francoforte – come del resto anche dalla Federal Reserve, negli Stati Uniti – è il ritorno dell’inflazione a un livello ritenuto “fisiologico”, attorno al 2% annuo. Questo garantisce la cosiddetta “stabilità dei prezzi”. Di cosa si tratta? Lo vediamo subito.
Cos’è la stabilità dei prezzi?
Per stabilità dei prezzi si intende un’inflazione bassa, stabile e prevedibile. Il mantenimento di questo tipo di stabilità è l’obiettivo principale della BCE e di molte altre banche centrali, e la ragione è semplice: un’inflazione contenuta e non soggetta a forti oscillazioni fa bene all’economia. Come hai potuto toccare con mano in questi mesi, infatti, quando i prezzi corrono troppo, e soprattutto quando lo fanno in modo imprevedibile, gli effetti su famiglie e imprese possono essere davvero importanti.
Le sfide di un’inflazione elevata
Un’alta inflazione fa perdere valore al denaro e quindi erode i risparmi. Ed è “la più iniqua delle tasse”, come l’ha definita Luigi Einaudi, perché colpisce in modo maggiore le fasce meno abbienti. I numeri sono lì a provarlo: il Think Tank Bruegel ha stimato che, considerando il 20% delle famiglie più ricche e il 20% di quelle più povere, un’inflazione media al 10% in Italia pesa per il 9% sul primo gruppo e per il 20% sul secondo.
Per finire, bisogna considerare il cosiddetto “drenaggio fiscale”, e cioè quel fenomeno per il quale l’aumento dei redditi nominali innescato dall’inflazione fa ricadere il contribuente in scaglioni di reddito superiori, ai quali si applicano aliquote più elevate. In altre parole, le tasse crescono e il netto in busta paga cala.
La stabilità dei prezzi nell’Eurozona
Paese che vai, inflazione che trovi. Ma anche la definizione di stabilità dei prezzi cambia a seconda dei contesti. Nell’Eurozona, il Consiglio Direttivo della BCE ha stabilito come obiettivo un tasso di inflazione al 2% nel medio periodo. La scelta è caduta su tale valore perché rappresenta un livello contenuto ma non troppo basso, che quindi non comporta costi troppo elevati per l’economia. Anche un’inflazione troppo bassa può infatti essere un problema, perché rischia di sfociare in deflazione.
La deflazione – una diminuzione del livello generale dei prezzi – è nemica dei debitori. Nel caso dei governi, quasi tutti (molto) indebitati, a parità di altre condizioni provoca una crescita del rapporto debito pubblico/Pil che può diventare insostenibile e portare (alle estreme conseguenze) al default.
Finisce poi con l’avere un impatto negativo sui ricavi delle imprese, dal momento che, di fronte alla prospettiva di una flessione dei prezzi, famiglie e aziende rimandano acquisti e investimenti. Quindi, a cascata, pesa sui profitti, sul lavoro e sui consumi. Non a caso, quando ancora era direttore generale del Fondo Monetario Internazionale, l’attuale presidente della BCE Christine Lagarde la definì “l’orco da combattere senza indugi”.
Perché un obiettivo di medio termine?
Per l’incertezza che avvolge l’inflazione e per i ritardi fisiologici del meccanismo di trasmissione della politica monetaria, il conseguimento dell’obiettivo del 2% è fissato per il medio termine. Le decisioni di una banca centrale come la BCE non riescono infatti sempre a regolare in modo puntuale la crescita dei prezzi nel breve periodo. Inoltre, talvolta le variazioni dell’inflazione sono solo temporanee: guardare al medio termine solleva le autorità monetarie dal compito di dover reagire a qualunque oscillazione dei prezzi, evitando di intervenire con manovre che possono rivelarsi dannose per la crescita e l’occupazione.
La nuova strategia della BCE
Fino a pochi anni fa, la BCE perseguiva un tasso di inflazione inferiore ma prossimo al 2%. Dal luglio del 2021, Francoforte ha deciso di cambiare strategia e ha adottato un obiettivo “simmetrico”: sono considerate indesiderabili fluttuazioni dei prezzi sia sopra che sotto la soglia. La conseguenza è importante, perché per evitare che l’inflazione sia troppo bassa per troppo a lungo, la BCE da allora è disposta a tollerare un periodo transitorio in cui la crescita dei prezzi sia (moderatamente) al di sopra dell’obiettivo. Inoltre, l’asticella fissata al 2% in modo “simmetrico” dà un ancoraggio chiaro per le aspettative di inflazione a più lungo termine, il che è fondamentale per il mantenimento della stabilità dei prezzi.
Investire con la giusta consulenza
Eccoci giunti al termine della nostra breve guida sulla stabilità dei prezzi. Un tema quanto mai attuale, vista l’inflazione tornata a livelli che non si vedevano dagli anni Ottanta. Una variabile di cui tener conto nella gestione dei risparmi. Per proteggerli, il consiglio è sempre lo stesso: investire affidandoti a un consulente finanziario, che saprà fare le valutazioni più opportune anche alla luce dei tuoi obiettivi e del tuo profilo.