Banche centrali sempre più falchi, solo la BoJ in controtendenza
Fed e BoE hanno annunciato nuovi aumenti dei tassi, mentre la Bce ha anticipato che proseguirà sulla linea restrittiva anche nelle prossime riunioni.
Settembre è stato un mese a dir poco intenso sul fronte delle decisioni delle banche centrali, tutte – ad eccezione della Bank of Japan – impegnate nel contrasto dell’inflazione a suon di rialzo dei tassi di interesse, dopo anni di politiche ultra-accomodanti e nonostante tutte le incognite che gravano sull’economia.
Federal Reserve al quinto rialzo consecutivo
Ad aprire le danze è stata la Riserva Federale statunitense, che ha proseguito convinta con il suo atteggiamento “da falco” alzando i tassi di 75 punti base e portandoli nella forchetta tra il 3% e il 3,25%, livello che non veniva raggiunto dal 2008: è il terzo aumento consecutivo di questa entità, il quinto di fila.
E non è ancora finita, anticipa la Fed, che prevede per tassi medi al 4,4% a fine 2022 e intorno al 4,6% il prossimo anno. Una cura necessaria, anche se purtroppo “non indolore”, di fronte a un un’inflazione che resta elevata, ha spiegato il presidente Jerome Powell, secondo cui i prezzi torneranno ad avvicinarsi al 2% solo nel 2025 (2,8% nel 2023 e 2,3% nel 2024). Insomma, la strada è ancora lunga.
Come facilmente prevedibile, i mercati – seppur pronti a una simile mossa – non hanno apprezzato, allarmati dall’aggressività della Fed e preoccupati per una possibile imminente recessione. Secondo le stime aggiornate della Fed, il PIL statunitense dovrebbe salire quest’anno dello 0,2%, decisamente meno dell’1,7% previsto in precedenza, con un tasso di disoccupazione al 3,8% e un’inflazione al 5,4%.
Tutto ciò sui mercati ha provocato una flessione dell’azionario, un’ulteriore inversione della curva dei rendimenti e un apprezzamento del dollaro USA.
La Bank of England aumenta i tassi di mezzo punto
Anche la Bank of England ha annunciato un aumento dei tassi di 50 punti base, portandoli nella riunione di giovedì 22 settembre dall’1,75% al 2,25%, nel tentativo di mettere i bastoni tra le ruote a un’inflazione ormai a doppia cifra nonostante lo spettro sempre più concreto di una recessione, anche qui, data per imminente. Stando alle previsioni della stessa BoE, infatti, il Regno Unito entrerà in recessione già dal terzo trimestre, a seguito del -0,1% del PIL già censito nell’ultimo mese.
Anche la BCE prosegue con la linea dura
E se la BCE da parte sua non ha comunicato nuovi rialzi (l’ultima riunione, con aumento dei tassi di 75 punti base, si è tenuta lo scorso 8 settembre), ha comunque confermato la sua linea aggressiva nel bollettino economico diffuso giovedì 22 settembre.
“Il Consiglio direttivo si attende di aumentare ulteriormente i tassi di interesse nelle prossime riunioni per frenare la domanda e mettere al riparo dal rischio di un persistente incremento delle aspettative d’inflazione”.
Le decisioni, comunque, saranno guidate dai dati e definite di volta in volta a ogni riunione. Nel bollettino, la Banca Centrale Europea evidenzia anche “un sostanziale rallentamento della crescita economica dell’area euro, con un’economia che dovrebbe ristagnare nel corso dell’anno e nel primo trimestre del 2023”. Nel dettaglio, il PIL è atteso in crescita dello 0,3% nel 2022, ma in calo dell’1,2% nel 2023 e dello 0,2% nel 2024.
Solo la Bank of Japan resta accomodante
A muoversi in controtendenza, nel “club” delle maggiori banche centrali del mondo occidentale, è stata, come accennato, la Bank of Japan, che ha confermato la sua politica monetaria ultra-espansiva: i tassi a breve termine sullo yen restano al -0,1%, mentre proseguiranno operazioni di acquisti di titoli pubblici.
Del resto, l’inflazione nel Paese del Sol Levante (intorno al 3% ad agosto) è ancora ben lontana dai livelli europei e statunitensi. La decisione della BoJ ha messo sotto pressione la valuta nipponica, con lo yen che ha toccato nuovo minimo da 24 anni contro il dollaro.
In compenso, la Banca del Giappone ha annunciato la decisione di porre fine al programma di finanziamenti anti-Covid, in scadenza a settembre.
Cosa significa per i tuoi investimenti?
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Certo, rimanere concentrati sui propri obiettivi di lungo periodo non è semplice quando il contesto si fa difficile. E una revisione dell’asset allocation potrebbe essere necessaria per adeguare il portafoglio alla mutata situazione dei mercati. Ecco perché – più che mai quando i mercati traballano – è importante affidarsi a un consulente finanziario preparato, che ti sappia ascoltare e che sappia rispondere alle tue domande, aiutandoti a mettere nella giusta prospettiva le ansie che è fisiologico provare in fasi storiche come quella attuale.