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Regno Unito: il nuovo governo e la sfida delle finanze pubbliche

Il governo laburista è già alle prese con la sfida delle finanze pubbliche: tagliare o non tagliare la spesa, aumentare o no le tasse? Ecco l’analisi dell’esperto.

L’avrai saputo: per la prima volta in 14 anni, la Gran Bretagna ha un governo laburista che può contare su una significativa maggioranza presso la Camera dei Comuni. Il nuovo primo ministro è Keir Starmer, mentre le finanze pubbliche saranno sotto la responsabilità della cancelliera entrante Rachel Reeves, che eredita un Regno Unito alle prese con un deficit del 4,4% e con un debito pubblico in rapido avvicinamento a quota 100% del Prodotto Interno Lordo. Eppure, i laburisti hanno promesso che non ci sarà un “ritorno all’austerità”.

“Nessun ritorno all’austerità”: più facile a dirsi che a farsi

Attualmente i piani del Tesoro prevedono tagli reali di almeno il 3% all’anno nei dipartimenti governativi fuori dalle “aree protette”, come sanità o difesa. Diete che sono sempre state impegnative, se si considera che nell’ultimo decennio diversi dipartimenti hanno già subito tagli reali superiori al 20%. Il prezzo per porre fine a queste decurtazioni potrebbe essere di circa 20 miliardi di sterline all’anno entro la fine di questa legislatura. Ma dove trovare le risorse?

Le quattro opzioni UK per aumentare le entrate

Ecco, secondo James Smith, esperto di mercati sviluppati e di Regno Unito, le quattro opzioni che il Labour potrebbe prendere in considerazione in vista del suo primo bilancio, pronto forse già a metà settembre.

  • Modifica della regola sul deficit (non oltre il 3% in cinque anni). Un cambiamento che però non sembra particolarmente rilevante. Perché è un’altra la regola che attualmente vincola le finanze pubbliche: essa prevede che il debito in rapporto al PIL inizi a diminuire entro cinque anni. Ma l’attuale metrica è condizionata negativamente dalla stretta quantitativa della Banca d’Inghilterra: il ritorno a una definizione più convenzionale di debito pubblico consentirebbe di sbloccare il denaro necessario per porre fine ai tagli alla spesa.
  • Ricorso alla flessibilità delle regole. Le regole garantiscono già oggi al Tesoro una certa flessibilità e i cancellieri che si sono succeduti hanno scoperto che aumenti di spesa o, più recentemente, tagli alle tasse sono possibili, se temporanei. Una tattica tutt’altro che nuova, dunque, che peraltro in passato non sembra aver spaventato troppo gli investitori.
  • Aumento delle tasse. Nel loro primo bilancio, i laburisti potrebbero apportare un gran numero di piccole modifiche alle imposte meno note e agli sgravi fiscali associati. Se prese singolarmente potrebbero non essere decisive, decine di piccole modifiche potrebbero bastare a racimolare una ragionevole somma di denaro extra.
  • Altri finanziamenti sul mercato. Ciò servirebbe non tanto a porre fine ai tagli alla spesa quanto a rilanciare gli investimenti pubblici, che secondo gli attuali piani di bilancio sono destinati a diminuire in percentuale del PIL.

Ma queste sono solo soluzioni a breve termine

Nessuna di queste opzioni è una soluzione a lungo termine, sottolinea Smith, e potrebbe solo spostare in avanti la necessità di ritoccare al rialzo le entrate fiscali. I laburisti sperano che ciò si possa almeno in parte evitare “semplicemente” facendo crescere l’economia: un’espansione aumenterebbe il gettito fiscale e contribuirebbe a finanziare i servizi pubblici.

I recenti numeri appaiono in tal senso incoraggianti.

  • Nel primo trimestre, la crescita è stata dello 0,7% e probabilmente nel secondo l’economia crescerà dello 0,4-0,5%, dopo una recessione tecnica tutto sommato lieve lo scorso anno.
  • La forte crescita dei salari reali dovrebbe consentire all'economia di crescere ulteriormente, anche se a un ritmo leggermente più lento, nella seconda metà dell’anno.
  • L’economia sta tardivamente beneficiando della riduzione dei prezzi del gas.

A più lungo termine, i laburisti sperano di far leva sugli investimenti privati, in particolare nei settori verdi, per incrementare produttività e crescita. Dopo il referendum sulla Brexit, gli investimenti delle aziende britanniche rispetto alle loro omologhe hanno registrato una sottoperformance riconducibile all’incertezza e alla volatilità politica. Più di recente la tendenza si è invertita, e negli ultimi due o tre anni il Regno Unito è andato meglio dei suoi omologhi del G7 in termini di investimenti.

Una parte di questo risultato si deve agli incentivi fiscali, ma una maggiore certezza sulle relazioni commerciali con l’Unione Europea ha indubbiamente contribuito, anche se l’accordo ha comportato più burocrazia di quella cui le imprese erano abituate in precedenza.

Cosa ci importa di quel che accade nel Regno Unito?

Dato l’invecchiamento della popolazione e altre sfide strutturali ineluttabili, la pressione fiscale appare tuttavia destinata a salire, nel Regno Unito come altrove. Ma la vera domanda è: a te, come investitore, cosa importa di quel che accade in UK? Dopotutto, non stiamo mica parlando degli Stati Uniti o della Cina.

Il fatto è che il Regno Unito era e resta una delle principali economie mondiali e un centro finanziario di primaria importanza. Londra, in particolare, è considerata una delle capitali finanziarie del pianeta, al pari di New York e Tokio. Molte delle maggiori aziende e banche al mondo hanno sede oppure operano in modo significativo in Gran Bretagna ancora oggi.

In generale, un governo stabile e conti pubblici in ordine tendono a creare un ambiente favorevole per l’economia e gli investimenti: se i laburisti sapranno garantire l’uno e gli altri, gli asset del Paese – e non solo quelli del Paese, giacché oggi è tutto correlato – potranno beneficiarne.

Non sottovalutare, quindi, l’appuntamento elettorale che si è appena svolto e il suo impatto sui portafogli e le opportunità di investimento. E, anzi, per inquadrare tutto al meglio, seguendo gli sviluppi Oltremanica, conta sempre sull’affiancamento e la consulenza del Financial Coach.

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