Orgoglio e pregiudizi: investire senza la “sunk cost fallacy”
La “sunk cost fallacy” è il pregiudizio del “costo irrecuperabile”. Vediamo come si applica agli investimenti e, soprattutto, perché conviene superarlo.
Claudia ha deciso di acquistare una serie di 12 libri sulla storia dell’arte, in uscita ogni settimana in abbinamento a un noto quotidiano, per approfondire una materia su cui sente di avere delle lacune. Ogni libro della collana costa 7 euro. Dopo aver ricevuto i primi due volumi però, Claudia si rende conto che non solo il tema la annoia, ma anche che l’impostazione grafica non è accattivante e che, in definitiva, non ha alcuna voglia di mettersi a sfogliarli – figuriamoci leggerli.
Eppure continua ad acquistare quei libri, uscita dopo uscita, fino a completare la serie: pur di non ammettere che l’acquisto dei primi due volumi è stato un errore e che i soldi e le energie spesi sono ormai persi, preferisce portare a termine la sua idea iniziale, anche se sa benissimo che quei libri rimarranno a prendere polvere su uno scaffale. Così facendo, però, finisce per “buttare via” 84 euro (7 euro moltiplicati per 12 volumi), invece di fermarsi a una perdita di 14 euro (7 euro per soli due volumi).
La “sunk cost fallacy” entra in azione
Perché ti abbiamo raccontato questa storiella? Per illustrarti il funzionamento della cosiddetta “sunk cost fallacy” – o “fallacia dei costi irrecuperabili” – uno dei tanti bias cognitivi che possono spingerti ad agire irrazionalmente, quando investi e non solo. Si tratta della tendenza ad andare avanti ostinatamente in un progetto anche quando esso si rivela chiaramente fallimentare, solo perché ci hai già speso soldi, tempo ed energie e non vuoi “sprecare” quell’investimento iniziale.
Può succedere su molti piani della vita: una relazione ormai finita che viene tenuta in piedi solo perché si sta insieme da molti anni, un lavoro insoddisfacente che si fa fatica a lasciare dopo tutto il tempo e le energie spesi per apprenderlo, e via dicendo.
Negli investimenti la fallacia dei costi irrecuperabili può costarti cara. Prendiamo il caso in cui decidi di investire da solo senza seguire la regola area della diversificazione che ogni buon consulente finanziario ricorderebbe ai suoi clienti. Punti quindi tutto su un unico titolo, che a un certo punto va in caduta libera. Così, pur di non valorizzare la perdita, decidi addirittura di incrementare la dose acquistando altri titoli con la speranza di un rialzo delle quotazioni.
In buona sostanza, sei vittima della “sunk cost fallacy” quando fai fatica ad abbandonare un progetto o un investimento in perdita, perché sei annebbiato da quanto già speso e ti rifiuti di accettare che quei soldi siano ormai andati. Ma così facendo ottieni come unico risultato quello di perderne ancora di più.
Come difendersi da questo bias?
Evitare di sbagliare è impossibile, ma si può imparare a sbagliare “meglio”. In che modo? Accettando che ciò che è stato speso – tempo, energie o denaro – non è più recuperabile. L’unica cosa che conta per decidere se continuare a perseverare o meno in un progetto qualsiasi – come un investimento, per esempio – non sono le risorse già investite, ma quelle che dovresti ancora impiegare a fronte dei ritorni potenziali.
Tradotto: se potessi ripartire da zero proprio adesso, inizieresti lo stesso il progetto? O, per tararci sugli investimenti: oggi concentreresti tutti i tuoi acquisti su quel titolo, se non lo avessi fatto in passato?
Naturalmente è molto facile parlare di razionalità quando non si è emotivamente coinvolti in una situazione, ma quando ci si trova “al dunque” la faccenda è ben diversa. Ecco perché potrebbe essere utile affidarsi a un consulente, come un Financial Coach, in grado di darti un parere esterno e ben più “lucido” e di consigliarti quando è il momento di “lasciar andare” piuttosto che incaponirsi su una causa ormai persa.