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Materiali critici: cosa sono e cosa c'entrano con l’inflazione?

Sono materie prime importantissime per la transizione verde e per quella digitale, ma vulnerabili a interruzioni dell’offerta. Con possibili conseguenze a livello macro.

Istituzioni e privati stanno investendo sempre di più nella cosiddetta “Twin Transition”, cioè la doppia transizione che combina le rivoluzioni verde e digitale. E questo sta facendo lievitare la domanda di alcune particolari materie prime “critiche”, fondamentali per lo sviluppo di tecnologie avanzate: terre rare (come neodimio e disprosio), litio, cobalto, nichel, platino, grafite naturale, solo per citare qualche esempio. Questi elementi svolgono un ruolo cruciale nello sviluppo di diversi settori strategici, dalle energie rinnovabili all’elettronica, dalla difesa alla sanità.

 

Il motivo per cui vengono definiti “critici” è che sono vulnerabili a possibili interruzioni delle catene di approvvigionamento, perché sono disponibili in quantità limitata o concentrati solo in alcune aree geografiche (il che li rende spesso ostaggio di questioni geopolitiche). Per dire: la Cina controlla oltre il 60% della grafite a livello mondiale, mentre la Repubblica Democratica del Congo detiene circa il 70% del mercato globale del cobalto e il Sudafrica il 70% circa del platino (fonte: Irena.org).

 

Domanda in crescita e offerta al palo?

 

Cosa può succedere se la domanda di materiali critici continua a crescere e l’offerta resta limitata, oltre che soggetta a possibili shock e interruzioni improvvise? Il tema si è prepotentemente posto all’attenzione del mondo negli ultimi anni, quando eventi come lacrisi dei semiconduttori, le difficoltà di approvvigionamento dovute alla pandemia e l’invasione russa in Ucraina hanno reso evidente la possibilità che alcune risorse diventino improvvisamente meno accessibili, con tangibili conseguenze sull’economia globale e sui mercati.

 

E ancora – come si chiede un recente “Occasional Paper” apparso sul sito della Banca d’Italia – è possibile che la volatilità dei prezzi dei materiali critici (dettata proprio dalla loro disponibilità discontinua) possa arrivare in futuro a influenzare significativamente grandezze macroeconomiche come l’inflazione e il PIL, esattamente come succede per il petrolio e il gas?

 

Una domanda da 1,1 trilioni di dollari nel 2030

 

Lo studio di Via Nazionale si è focalizzato in particolare su sei materiali critici identificati dall’Agenzia Internazionale dell’Energia come i più economicamente rilevanti per la transizione “verde”: rame, nichel, litio, cobalto, grafite e terre rare. La domanda globale di queste sei materie prime è stata pari a 350 miliardi di dollari nel 2023, contro i 5 mila miliardi dei combustibili fossili. Ma, stando alle previsioni, potrebbe raggiungere quota 1.100 miliardi di dollari nel 2030.

 

La stima è al rialzo, spiega Bankitalia: si basa infatti sullo scenario "emissioni nette pari a zero" dell’AIE per il 2030, secondo cui i governi non solo rispetteranno tutti i loro impegni in materia di clima, ma li amplieranno ulteriormente per stabilizzare il rialzo della temperatura media globale a 1,5 gradi Celsius al di sopra dei livelli preindustriali.

 

Fatta questa doverosa precisazione, una domanda globale di 1,1 trilioni di dollari per i sei materiali critici presi in esame equivarrebbe a circa l’1% del PIL mondiale e sarebbe in linea con le dimensioni attuali del mercato del gas naturale, che con le sue oscillazioni di prezzo è in grado effettivamente di influenzare la dinamica dell’inflazione.

 

Alla ricerca di alternative “meno critiche”

 

Come evitare, dunque, di trovarsi in balìa di possibili interruzioni delle catene di approvvigionamento, ritorsioni geopolitiche o altri shock negativi sul lato dell’offerta che potrebbero scatenare volatilità sui mercati e variazioni repentine di inflazione e PIL?

 

Cercando alternative ai materiali critici, suggerisce la Banca d’Italia, segnalando che su questo fronte si stanno facendo interessanti progressi, specialmente per quanto riguarda rame, cobalto, litio, nichel e grafite (mentre per le terre rare siamo ancora in una fase sperimentale).

 

Va comunque tenuto conto, precisa lo studio, che i prezzi dei materiali critici si sono dimostrati mediamente meno volatili rispetto a quelli dei combustibili fossili, complici probabilmente la relativa facilità e il minor costo di stoccaggio.

 

Opportunità di investimento all’orizzonte

 

Insomma, è innegabile l’importanza di questi materiali per affrontare le sfide del futuro, e un deciso aumento della domanda globale è senza dubbio da mettere in conto. Ma vale la pena seguire con attenzione anche gli sviluppi di possibili alternative. Entrambe le tendenze possono aprire interessanti opportunità per chi investe.

 

Opportunità da vagliare sempre con il supporto del tuo Consulente Finanziario e tenendo conto del tuo orizzonte temporale, dei tuoi obiettivi e della tua propensione al rischio. 

 

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