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Le mosse anticrisi delle banche centrali

Fed, BoJ e BoE protagoniste della ripresa economica e rassicurano i mercati: le loro politiche accomodanti dureranno per tutto il tempo necessario

Banche centrali protagoniste: dalla Federal Reserve americana alla Bank of Japan, gli Istituti centrali stanno cercando il loro vaccino economico al contagio sui mercati. Il loro Remdesivir – ossia il farmaco ad oggi tra i più efficaci nella cura degli effetti del Covid-19 – è rappresentato dall’abbondante liquidità immessa nel sistema economico-finanziario supportata dalle misure fiscali dei governi di tutto il mondo. Ma cosa hanno fatto le banche centrali nel concreto per sostenere l’economia globale? Sostanzialmente, hanno attivato massicci programmi di acquisto di titoli di Stato, il cosiddetto “quantitative easing” e hanno ridotto ai minimi i tassi d’interesse sui prestiti. Ultimamente però le dichiarazioni delle banche centrali hanno deluso i mercati; si sono rivelate molto prudenti e senza particolari nuove iniziative da mettere in campo.

La Bce continua la fase accomodante, revisioni in vista per il PEPP. Ti ricordi il PEPP? Non è altro che il Pandemic emergency purchase programme, il programma di acquisto per l’emergenza pandemica – pari a 1.350 miliardi di euro e attivato dalla Bce per fronteggiare la pandemia. Durante l’ultima riunione del 10 settembre è stato confermato insieme ai tassi di interesse nell’area euro rimasti a zero sulle operazioni principali, 0,25% sulle operazioni marginali e meno 0,50% (tasso negativo) sui depositi presso la stessa banca centrale. Insomma niente di nuovo sotto il sole, anche se i mercati si attendevano qualche parola in più riguardo alla stabilizzazione del cambio euro-dollaro. Fonti del Financial Times parlano però di un’Eurotower in fase di revisione sul PEPP; la revisione riguarderebbe la durata del programma di acquisto d’emergenza, ossia la possibilità di trasferire una parte della flessibilità supplementare a schemi d’acquisto più a lungo termine.

Fed a sorpresa sull’inflazione, ma delude sul finale. È stata la Fed, la banca centrale statunitense, a sorprendere più di tutte. A fine agosto, durante il tradizionale simposio economico di Jackson Hole, Jerome Powell si è unito alle parole del governatore della BoE Andrew Bailey circa l’applicazione di un atteggiamento più morbido rispetto alla tradizionale politica monetaria fermamente ancorata fino ad oggi al target d’inflazione del 2%. Cosa cambia? Cambia il target d’inflazione media che diventa più permissivo. Questo in sostanza permetterebbe un aumento dei prezzi anche superiore al 2% prima di far scattare una politica monetaria più restrittiva con relativo aumento dei tassi d’interesse. Nell’ultima riunione la Fed però delude i mercati: lascia i tassi di interesse invariati prossimi allo zero, facendo intendere che rimarranno su quei livelli almeno fino al 2023. Nulla di fatto in termini di nuove misure, rimane solo la rassicurazione di Powell che la banca manterrà il suo atteggiamento accomodante per “tutto il tempo necessario a ottenere una forte ripresa economica”.

Bank of England: continuano prestiti e acquisti di titoli, ma niente tassi negativi, almeno per ora. Dalla BoE non sono giunte particolari sorprese. Durante l’ultima riunione di politica monetaria, la Bank of England ha confermato il suo piano di QE, mantenendo i tassi di interesse allo 0,10%, come ampiamente atteso. Il Monetary Policy Committee ha lasciato invariato anche il Piano di acquisti di asset a 745 miliardi di sterline. Non si prevede quindi una stretta monetaria fino a quando non verranno riscontrati progressi significativi sull’andamento dell’inflazione. Tassi negativi? Niente da fare, il governatore Andrew Bailey non ha fatto alcun riferimento al loro ricorso, anche se la scorsa settimana aveva dichiarato di voler esaminare l’applicazione di un tasso di policy negativo se necessario in futuro.

Anche la Bank of Japan resta ferma. La Banca centrale del Giappone ha mantenuto invariata la sua politica monetaria. Al termine dell’ultima riunione, la BoJ ha lasciato invariati i tassi di riferimento a -0,10%, lasciando fermo anche il target sul rendimento dei titoli di Stato decennali attorno allo zero. Il governatore Haruhiko Kuroda ha comunque confermato di voler continuare ad acquistare un ammontare illimitato di titoli di Stato giapponesi, anche qui “finché la situazione non si sarà assestata”.

Insomma, le banche centrali puntano sulla ripresa economica e iniziano a ridurre i loro programmi di stimolo all’economia in vista di dati macroeconomici più incoraggianti e riduzioni del Pil meno pesanti di quello che ci si aspettava come previsti dall’ultimo bollettino economico della Bce. Non sembrano quindi esservi ulteriori sorprese all’orizzonte, vedremo in futuro però se la Bce deciderà di allinearsi ai nuovi target inflazionistici americani e se inizierà a combattere il deprezzamento del dollaro sulla moneta unica.

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