Gamification: se l’investimento finanziario sembra un videogioco (ma non lo è!)
Interfacce accattivanti e meccanismi tipici del videogioco possono indurti ad agire con leggerezza, ma attenzione: se si parla di investimenti, in "gioco" ci sono soldi veri: i tuoi.
Farsi prendere la mano è più facile di quanto si possa pensare. Ti metti a seguire alcuni consigli finanziari di un influencer che hai trovato sui social: parla in modo semplice e coinvolgente, finalmente grazie a lui riesci a capirci qualcosa di mercati finanziari. Un giorno, posta un link a una piattaforma di trading online e provi a cliccarci sopra. Scopri che ci si registra in pochi minuti, che non si paga niente e che sembra di giocare con un videogame, tanto l’interfaccia è intuitiva e accattivante. Ma non è così. In gioco ci sono i tuoi soldi veri. E il rischio di prendere decisioni impulsive – e di pagare costi di cui non sei perfettamente consapevole – è davvero elevato.
A riportare l’attenzione sul tema della cosiddetta “gamification” nel settore degli investimenti è la Consob, che in un suo recente Quaderno Giuridico evidenzia come sempre più spesso rischiamo di investire i risparmi con la stessa leggerezza con cui partecipiamo a un videogioco. Con tutti i rischi che questo comporta. Quando si parla di gamification, spiega l’Authority, si fa riferimento a una tendenza che riguarda diversi settori, tra cui anche quello finanziario, e che consiste nell’utilizzare meccanismi tipici del videogioco – come punti, livelli, premi, beni virtuali e classifiche – per coinvolgere gli utenti o i potenziali clienti e interessarli ai servizi offerti.
Copy trading: attenzione a chi vuoi emulare
Nell’ambito della gamification degli investimenti, la Consob cita per esempio il fenomeno del copy trading: una pratica che prende le mosse dal trading online e consiste nel copiare le mosse di un altro trader, nel tentativo di replicare l’eventuale successo di ogni operazione sul proprio conto personale. Con tanto di pubblicazione dello screenshot delle operazioni sui social, dove si creano vere e proprie classifiche dei “trader più bravi”.
Peccato che questo nasconda dei rischi: il trader che si decide di seguire potrebbe essere in realtà un operatore non professionale e potrebbe perseguire prioritariamente obiettivi di profitto personale in contrasto con l’interesse dei suoi seguaci.
Finfluencer: chi sono questi “guru della finanza”?
E qui veniamo al capitolo dei cosiddetti “finfluencer” (di cui ti abbiamo già parlato nell’articolo “Influencer della finanza: attenzione a chi segui sui social”: dispensano consigli su vari argomenti finanziari attraverso video brevi e leggeri pubblicati sui principali social media (come Instagram e TikTok) e su YouTube; così facendo, riescono ad avere un notevole impatto sulle decisioni di investimento dei follower e degli utenti, grazie alla capacità di coinvolgerli emotivamente e non solo. Molto fa anche il crescente interesse per un’educazione finanziaria informale e autogestita, possibilmente gratuita e di facile accesso.
Il problema è che non sempre le informazioni fornite da questi soggetti sono di qualità e a volte nei loro post è difficile individuare il confine tra divulgazione e marketing. Peccato che qui non si parli di esercizi di fitness o di una crema viso, che alla peggio risulteranno inutili nel rassodare gli addominali o illuminare la pelle: qui, vale la pena ribadirlo, in gioco ci sono i tuoi sudati risparmi.
Ricorda: non esistono “pasti gratis”
Infine, c’è il tema dei costi. Lo studio della Consob evidenzia come spesso le negoziazioni siano solo apparentemente gratuite. Hai mai sentito parlare di Payment For Order Flow (PFOF)? È una pratica alquanto controversa – tanto che l’Unione Europea ha deciso di vietarla a partire dal 2026 – che fu ideata negli anni Novanta niente meno che da Bernie Madoff (sì, proprio quello dello schema Ponzi di pochi anni fa).
Procediamo con ordine. Nel trading online, i broker eseguono le operazioni dei singoli investitori, ma spesso, invece di inviare i loro ordini direttamente alla Borsa, passano per un altro intermediario. Si tratta del market maker, che compra e vende un elevato numero di titoli per garantirne la negoziabilità in via continuativa e assicurare la fluidità dei mercati finanziari.
Solitamente, il broker sceglie il market maker che offre il prezzo migliore per l’investitore (cioè, il prezzo più basso quando si acquista un titolo e il più alto quando si vende). Nel modello PFOF, però, il broker viene pagato dal market maker, che sostanzialmente si “compra” la possibilità di gestire le operazioni.
- Da un lato, questo permette al broker di azzerare le commissioni in capo all’investitore retail, proprio perché riceve già un compenso da parte del market maker. E dà l’impressione all’investitore di accedere a un servizio gratuito.
- Allo stesso tempo, tuttavia, il broker sarà incentivato a scegliere il market maker in base a quanto gli offre e non in base alle migliori condizioni offerte all’investitore. Il quale, quindi, rischia comunque di rimetterci.
Confrontati sempre con il consulente finanziario
Insomma, prendere alla leggera gli investimenti online solo perché si ha l’impressione che si tratti di un giochino o poco più potrebbe essere un grave errore. A prescindere dal mezzo che utilizzi, stai sempre investendo i tuoi soldi ed è sempre consigliabile farlo con consapevolezza.
Per non incappare in spiacevoli sorprese come quelle che ti abbiamo descritto, puoi rivolgerti a un consulente finanziario certificato, in grado (lui sì) di guidarti verso le scelte di portafoglio più adatte alle tue esigenze. E ricorda: “se su internet trovi qualcosa gratis, molto spesso il prodotto sei tu”.