Che cos’è una recessione?
Da mesi si parla di “rischio recessione”. Ma cosa c’è dietro questo termine economico? Vediamo, con calma e senza ansia, di capirlo meglio.
Di recessioni ce ne sono diverse. Parafrasando Tolstoj, si potrebbe dire che ognuna è infelice a modo suo. Per farla breve, una recessione si verifica quando si registra una contrazione del Prodotto Interno Lordo.
In particolare:
- quando il PIL segna una variazione congiunturale negativa per due trimestri consecutivi, si parla di recessione tecnica;
- quando il PIL, rispetto all’anno precedente, registra una variazione negativa pari ad almeno il -1%, abbiamo una recessione economica.
Cosa innesca una recessione?
Possono essere fattori endogeni (interni), come per esempio l’esaurimento di un ciclo di crescita, oppure esogeni (esterni), come una guerra. Nei casi in cui l’economia non riesce a ripartire, le conseguenze della crisi (come disoccupazione, calo dei consumi, stretta del credito) tendono ad aggravarsi. In questi casi si parla di depressione, il cui archetipo è senza dubbio quella del 1929.
All’epoca ci vollero diversi anni perché la crescita e la disoccupazione tornassero ai livelli pre-crisi. Secondo molti, gli Stati Uniti si ripresero veramente soltanto in seguito, con la Seconda Guerra Mondiale, quando l’incremento della spesa militare, unito al fatto di non aver subito bombardamenti, riportò i parametri su livelli superiori a quelli del famigerato Ventinove.
In una fase storica in cui si è tornato a parlare di rischio di recessione, la domanda che ci facciamo – e ti facciamo – è una.
Le recessioni sono inevitabili?
Secondo la moderna teoria economica, sì. L’economia segue cicli di espansione e contrazione quasi “naturali” e l’unica cosa che un governo può fare è cercare di limitare i danni. Una visione molto diversa da quella che avevano gli economisti del passato. Soltanto a partire dalla fine dell’Ottocento, infatti, si arriva a elaborare una teoria del “ciclo economico”. Secondo questo modello, ormai dominante, l’attività economica alterna picchi e cadute. Tutto nella norma, quindi.
Le recessioni iniziano quando si raggiunge l’apice del ciclo e finiscono quando si è toccato il fondo, momento in cui ricomincia la ripresa. Insomma, anche se non sappiamo precisamente quando una recessione si verificherà (sebbene esistano indicatori da tenere sott’occhio), sappiamo di sicuro che, prima o poi, ce ne sarà una.
Ma c’è un’altra domanda che ci poniamo.
Qual è il ruolo dei governi?
O, per meglio dire: cosa dovrebbero fare in caso di recessione? Semplificando, le scuole di pensiero sono due.
- Una, più liberista, ritiene che un intervento di sostegno da parte della politica, per esempio attraverso un aumento della spesa pubblica per sostenere i consumi, sia sconsigliabile: col passare del tempo, le forze di mercato faranno ritornare la situazione in equilibrio.
- La seconda scuola, invece, che si è affermata in seguito alla crisi del 1929 sulla base delle teorie dell’economista inglese John Maynard Keynes, ritiene che il governo debba intervenire usando la leva della spesa pubblica per ravvivare investimenti e consumi ed evitare che il protrarsi della recessione causi conseguenze sociali (come la disoccupazione) troppo gravi.
Le tante forme della crisi
Soprattutto nel mondo economico-finanziario anglosassone, le recessioni sono classificate in vari tipi a seconda della “forma” che assume, in un grafico, l’andamento della linea del PIL e degli altri indicatori economici nel corso del tempo.
I modelli principali sono quattro. Con la crisi causata dalla pandemia, se n’è aggiunto un quinto.
- Recessione a V: alla caduta economica segue una ripresa altrettanto rapida e decisa.
- Recessione a U: dopo il crollo, la ripresa c’è ma è meno frizzante rispetto alla forma a quella rappresentata dalla V.
- Recessione a W: a una prima contrazione segue un recupero non duraturo che si conclude con una nuova recessione, solitamente più importante.
- Recessione a L: al calo, profondo, dell’attività economica succede una fase più o meno lunga di stagnazione.
- Recessione a K: alcuni settori economici (e anche gruppi sociali) soffrono più di altri, con la conseguenza che si hanno recessioni di diversa gravità e durata e percorsi di ripresa differenziati.
L’esempio più eclatante di quest’ultimo, peculiarissimo, tipo è proprio quello della pandemia, quando alcuni comparti (si pensi al turismo) sono stati costretti a chiudere, azzerando i propri introiti, mentre altri (come gli alimentari o le imprese farmaceutiche) hanno addirittura aumentato i propri ricavi.
Investire in vista della recessione
Per chi vuole investire, è chiaro che una recessione rappresenta un periodo molto delicato. In molti preferiscono aspettare che la tempesta passi e, tipicamente, fanno due cose: o non investono, oppure – peggio ancora – disinvestono.
Ma, come per tutte le cose, anche nelle recessioni possono nascondersi delle opportunità. Specialmente a vantaggio di quegli investitori che riescono a dominare l’ansia e, soprattutto, che si lasciano consigliare dal proprio consulente finanziario. Come ti diciamo sempre, il tuo Financial Coach ti può aiutare ad affrontare al meglio qualunque situazione.