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BCE: europei più ottimisti su inflazione e lavoro

L’indagine della Banca Centrale Europea sulle aspettative dei consumatori mostra che i cittadini hanno ridotto le aspettative sull’inflazione per i prossimi tre anni.

Sul fronte dell’inflazione i dati sono in miglioramento: il peggio sembra essere alle spalle. Negli Stati Uniti e in Europa si è riusciti ad attraversare la più repentina impennata dei prezzi degli ultimi decenni, con le banche centrali che, per reazione, hanno alzato altrettanto bruscamente i tassi d’interesse nel tentativo di stabilizzare i prezzi. Ora, però, si inizia a intravedere la luce e i consumatori lo percepiscono sempre di più.

Tant’è che l’indagine della Banca Centrale Europea sulle aspettative dei consumatori evidenzia come i cittadini europei abbiano ridotto le loro aspettative sull’inflazione per i prossimi tre anni al 2,3% dal 2,4% precedente. Insomma, non troppo distante da quanto prevede l’istituto centrale guidato dalla presidente Christine Lagarde, che nel corso del 2024 vede oscillare la crescita dei prezzi intorno al 2,5%, prima di tornare all’obiettivo statutario di politica monetaria intorno al 2% alla fine del 2025.

L’economia a passo lento apre una finestra per nuovi tagli

I consumatori rimangono invece più cauti sulle stime di crescita economica, con attese invariate per quest’anno al +0,8, mentre le aspettative sulla dinamica del tasso di disoccupazione sono scese leggermente, posizionandosi al 10,7% dal precedente 10,9%. Del resto, una crescita più lenta dovrebbe favorire il rientro dei prezzi nel range della stabilità, aprendo una finestra per una riduzione dei tassi d’interesse.

Un primo passo in questa direzione, almeno per quanto riguarda la BCE, è già stato fatto all’inizio di giugno, quando Francoforte ha tagliato di un quarto di punto il costo del denaro (adesso il tasso di riferimento sui finanziamenti principali e al 4,25%). Ad oggi però il board non ha preso alcun impegno sulla tempistica del prossimo taglio e, tuttora, prevale una retorica orientata alla prudenza in uno scenario macroeconomico dove comunque persistono margini d’incertezza.

La lotta all’inflazione va spedita in Europa, più lenta negli USA

Nell’Eurozona, a giugno, il carovita si è attestato al 2,5%, con grandi economie come l’Italia che sono già ampiamente sotto la soglia del 2% (sempre a giugno i rincari si sono fermati al +0,9%). Uno scenario ottimistico, a cui fa da contraltare quanto sta accadendo negli Stati Uniti, dove il cosiddetto ultimo miglio della lotta ai rincari si sta rivelando più sfidante del previsto.

Il numero uno della Federal Reserve, Jerome Powell, crede che la salita dei prezzi arriverà all’obiettivo del 2% verso la fine del 2025 o addirittura nel corso del 2026. Pertanto, la politica monetaria resterà restrittiva, anche se alla fine pure la Fed dovrebbe arrivare a fare il primo taglio dei tassi entro la fine del 2024.

Le implicazioni per gli investimenti, tra azionario e bond

Tornando in Europa, se il percorso dovesse mantenersi questo, e se finalmente la battaglia contro l’inflazione dovesse essere dichiarata vinta dalla BCE, allora certamente ne gioverebbe l’azionario. Una graduale discesa dei tassi, effettuata per dare slancio all’economia, aprirebbe una finestra d’investimento in grado di offrire più di un’occasione a prezzo di favore.

Allo stesso modo, soprattutto le obbligazioni emesse intorno al picco dei tassi dovrebbero acquistare maggiore valore. Fermo restando che, in scenari mutevoli, ha senso più che mai rivolgerti per un consiglio al tuo Financial Coach che può elaborare una strategia d’investimento per ogni obiettivo di vita.

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