Addio a Daniel Kahneman: cosa ci ha insegnato su investimenti ed emozioni
È recentemente venuto a mancare il capostipite degli studi sulla finanza comportamentale: ripercorriamo alcuni dei preziosi insegnamenti che ci ha lasciato.
Forse ti sarà capitato di sentirne parlare: di recente è scomparso Daniel Kahneman. Hai presente? Aveva novant’anni e i suoi contributi scientifici, molti dei quali realizzati in collaborazione con lo psicologo Amos Tversky, hanno trasformato le discipline della psicologia e soprattutto dell’economia e della finanza, con effetti enormi anche sulla filosofia e su molte altre materie.
Non a caso nel 2002 Kahneman ha ricevuto il Premio Nobel per le scienze economiche, e in seguito è diventato forse il più influente e illustre autore di scienze comportamentali per il grande pubblico: il suo libro “Thinking, Fast and Slow" del 2011 è oggi un classico della saggistica.
Un viaggio nella mente umana
La ricerca di Kahneman ha plasmato gran parte del modo in cui gli esperti di oggi pensano alle scelte e ai processi decisionali dei consumatori e degli investitori: si tratta appunto dell’economia e della finanza comportamentale, un perimetro su cui Kahneman ha contribuito a far luce con nuove idee.
In particolare, il lavoro di Kahneman ha messo in discussione un concetto fondamentale che ha guidato a lungo gli economisti: quello dell’“Homo Oeconomicus”, ossia dell’essere economico razionale che risponde agli stimoli in modo estremamente freddo e strutturato, guidato puramente dalle leggi dell’economia.
Il perno dei contributi di Kahneman è invece l’idea che le persone prendano decisioni in modo non sempre razionale e che, nonostante ciò, l’irrazionalità sia spesso prevedibile: questo concetto ha cambiato la nostra comprensione del modo in cui prendiamo le decisioni, soprattutto quelle finanziarie, dimostrando che siamo molto più irrazionali ed emotivi di quanto pensiamo.
Il controsenso dell’avversione al rischio
L’avversione alle perdite è uno dei bias a cui Kahneman ha dedicato maggiore attenzione. Secondo l’accademico, mentre il nostro obiettivo principale negli investimenti è quello di guadagnare, il nostro comportamento di investimento è più guidato dalla paura delle perdite. Kahneman ha infatti dimostrato che il dolore della perdita è una motivazione molto più potente della gioia del guadagno: questo ha aiutato un po’ tutti a capire perché la tendenza umana è quella di comprare alto e vendere basso e non l’inverso (che sarebbe ben più logico e profittevole).
Per esempio, potendo scegliere tra 100 euro sicuri e il 50% di possibilità di guadagnare 200 euro, la maggior parte delle persone sceglie i 100 euro. Ma se si sceglie tra la possibilità di perdere 100 euro con certezza e il 50% di perdere 200 euro, la maggior parte delle persone sceglie il 50%.
Morale: siamo contro il rischio quando si tratta di potenziali guadagni, ma rischiamo senza problemi di rimetterci quando abbiamo la sensazione di “limitare le perdite”.
Far leva sui bias: la “spinta gentile”
Questi concetti sono stati poi organizzati ed elaborati nella cosiddetta “teoria del prospetto”, che continua a generare nuove ricerche, come nel caso della scienza del “nudging”, la “spinta gentile”. Quest’ultima si basa sull’idea che il nostro comportamento possa essere influenzato con successo attraverso interventi “morbidi”. Gentili, appunto.
Mettiamo il caso di un bar che voglia contenere gli sprechi. Invece di far pagare ai clienti il bicchiere di carta o di plastica (una perdita), offre uno sconto a chi si porta da casa la tazzina (un guadagno). La leva, anche in questo caso, è l’avversione alle perdite. Insomma, l’idea che il comportamento possa essere influenzato e condizionato da tali bias è oggi parte integrante della scienza comportamentale.
L’illusione della cornice: l’“effetto framing”
Un altro esempio correlato è il cosiddetto “effetto framing”, elaborato sempre nell’ambito della “teoria del prospetto”, secondo il quale la valutazione delle probabilità da parte delle persone varia in base al modo in cui queste probabilità vengono presentate, o “incorniciate” (“frame”).
Per esempio, consideriamo la seguente scelta:
- l’opzione A è un investimento con il 90% di probabilità di ottenere un guadagno;
- l’opzione B è un investimento con il 10% di probabilità di ottenere una perdita.
Rileggi attentamente: A e B non dicono praticamente la stessa cosa? Ebbene, le ricerche di Kahneman hanno dimostrato che, anche se queste scelte si riferiscono esattamente allo stesso investimento, la maggior parte delle persone andrà verso la prima opzione, perché è inquadrata in un modo che enfatizza il risultato positivo e desiderato.
Finanza comportamentale e consulenza
Dal loro esordio a oggi, gli studi e le teorie di Kahneman hanno offerto spunti di riflessione e preziosi insegnamenti ai consulenti e alle consulenti finanziarie, i quali hanno avuto così l’occasione di comprendere che non è sempre il buon senso a guidare le richieste e le esigenze dei loro assistiti.
Il tuo Financial Coach sa bene che – come ha detto il neurologo, neuroscienziato, psicologo e saggista portoghese Antonio Damasio – “non siamo macchine pensanti che si emozionano, ma macchine emotive che pensano”. Alla luce di ciò, può offrirti un supporto anche nella gestione degli stati emotivi e dei bias che rischiano di non farti scegliere sempre per il tuo meglio.