Uscire dalla crisi: sei sicuro di sapere tutto sul debito?
L’emergenza economica scatenata da quella sanitaria provocherà un ulteriore aumento del nostro già elevato debito pubblico. Cosa significa a livello pratico?
È appena iniziata la tanto attesa “fase 2” dell’emergenza coronavirus, quella che dovrebbe gettare le basi per la ripartenza – anche economica – dell’Italia dopo due mesi di “lockdown”. Ma la strada da percorrere sarà lunga e non priva di ostacoli, con un costo economico che passerà inevitabilmente per un aumento del già elevato debito pubblico del Paese.
Un po’ di numeri.
Le stime del DEF indicano un Pil in calo dell’8% nel 2020 e un debito pubblico destinato a lievitare dall’attuale 135% al 155,7% del Pil, una cifra esorbitante. Ok, ma cosa significa esattamente? Che cos’è il debito pubblico e cosa comporta per un Paese avere un livello di indebitamento molto elevato?
Debito pubblico… chi?
Sai cosa è il debito pubblico? Per definizione, si tratta del debito che lo Stato contrae nei confronti del settore privato (famiglie, imprese, banche) e nei confronti della Banca Centrale. Le risorse prese in prestito servono per finanziare la “macchina statale”, fatta di servizi e investimenti. Nello specifico, per “creare” debito pubblico, lo Stato emette titoli di debito – obbligazioni governative, per dirla in linguaggio tecnico: Buoni Ordinari del Tesoro (BOT), Buoni del Tesoro Poliennali (BTP), Certificati del Tesoro Zero Coupon (CTZ), Certificati di Credito del Tesoro (CCT) per citare i più diffusi. La crescita del debito pubblico prevista quest’anno è legata all’aumento di emissioni governative con cui lo Stato tenterà di sostenere l’economia messa a dura prova dalla crisi.
Banche centrali, per fortuna che ci siete.
Ma chi comprerà questo enorme ammontare di nuovo debito (italiano, ma anche europeo)? Per rispondere proviamo a capire quali sono normalmente le fonti di domanda per le obbligazioni governative a livello globale: un ruolo fondamentale è rivestito dalle banche centrali, che a partire dalla crisi finanziaria del 2008 sono state molto attive nell’acquisto di bond governativi – basti pensare che le somme di bilancio della Federal Reserve e della BCE negli ultimi dieci anni sono più che raddoppiate.
Anche nella gestione dell’emergenza legata all’epidemia di Covid-19 le banche centrali hanno fatto la parte del leone, annunciando in sostanza un Quantitative Easing infinito, ossia l’acquisto di titoli di Stato in modo illimitato per finanziare l’ampliamento della spesa pubblica varata dai governi per traghettare le proprie economie oltre la crisi.
In particolare, la BCE ha deciso prima un aumento del QE e poi ha lanciato il PEPP (Pandemic Emergency Purchase Program), un piano da 750 miliardi pari a circa il 5-6% del Pil, mettendo così una rete di sostegno sotto al mercato dei titoli di stato, italiani in primis.
Secondo quanto riportato da Il Sole 24 Ore, entro fine anno il supporto della Bce per il nostro Paese nell’ambito dei suoi programmi di acquisto titoli sarà tra i 170 e i 250 miliardi di euro.
Quindi Btp sì o Btp no? Ok, ma al netto delle spiegazioni teoriche, fai bene a tenere BTp in portafoglio o con questi chiari di luna sarebbe più opportuno venderli? La domanda sorge spontanea alla luce di quanto detto fin qui.
È indubbio che l’epidemia di coronavirus in Europa abbia influito non poco sulle prospettive economiche del Vecchio Continente e dell’Italia ed è un dato di fatto che molti investitori si siano già affrettati a vendere i propri titoli di Stato in preda al panico. Del resto, se i titoli di stato vengono solitamente considerati privi di rischio di insolvenza in quanto supportati dai governi, ora con lo spettro di una recessione mondiale alle porte la solvibilità dei Paesi più indebitati – tra cui l’Italia – potrebbe non essere più così scontata.
Quello che possiamo dire è che al momento lo scudo della Bce e i diversi piani di emergenza messi in campo da governi e istituzioni stanno funzionando. Ma il futuro è ancora tutto da scrivere e le incertezze sono tante.