Inflazione: come proteggere i tuoi risparmi?
La CGIA di Mestre calcola che tra il 2022 e il 2023 l’aumento dei prezzi si mangerà quasi 164 miliardi di euro depositati sui conti correnti. Come tutelarti?
Tanto amati quanto odiati, gli anni Settanta sembrano tornati. Almeno per quanto riguarda l’inflazione. Il 2022 ci ha infatti riportati indietro di cinquant’anni. Già, perché la corsa dei prezzi – dopo anni in cui sembrava andare a passo di lumaca, con i banchieri centrali costretti a inventarsi di tutto per rianimarla – all’improvviso ha accelerato, tornando prepotentemente in cima alle preoccupazioni degli italiani.
Inflazione: a che punto siamo?
A febbraio, stando ai dati Istat, l’indice dei prezzi al consumo ha toccato il 9,2% su base annua, in lieve rallentamento rispetto al 10% tondo segnato a gennaio, mentre nell’eurozona le lancette indicano un +8,5%, un calo impercettibile dal +8,6% del mese prima.
A destare qualche pensiero è però la dinamica dell’inflazione di fondo, e cioè quella calcolata al netto degli energetici e degli alimentari freschi, che in Italia accelera dal 6% di gennaio al 6,4%. Un segnale del fatto che l’inflazione sta diventando più insidiosa, e quindi più difficile da debellare. Insomma, è probabile che i prezzi continuino a correre per un po’ di tempo.
“La più iniqua di tutte le tasse”
E così, dopo tanti anni in cui ci eravamo assuefatti a una crescita dei prezzi asfittica, dobbiamo di nuovo fare i conti con “la più iniqua di tutte le tasse”, come la definì Luigi Einaudi, riferendosi al fatto che colpisce soprattutto i ceti meno abbienti che spendono in consumi la maggior parte del loro reddito.
Certo, non è facile trovarsi di nuovo alle prese con un fenomeno che sembrava confinato nei libri di storia. Eppure, sia lato reddito sia lato risparmi, non puoi proprio farne a meno. Lasciare parcheggiati tutti i soldi accantonati in banca, magari sul conto corrente, non è la migliore delle idee. Più passa il tempo, infatti, più le somme che hai depositato perdono di valore: è l’inflazione, bellezza.
Pensaci: se sul conto corrente un anno fa avevi 10mila euro, adesso quei soldi comprano beni e servizi per un valore di 9.080 euro. In altre parole, hai perso 920 euro, il +9,2% di aumento certificato a febbraio dall’Istat, appunto. Senza contare che, nonostante i rialzi dei tassi decisi dalla Banca Centrale Europea, i conti, secondo l’ultimo rapporto dell’Abi, pagano in media appena lo 0,17% di interessi.
Diventa pertanto fondamentale proteggersi dall’inflazione. Per farlo, con strategie ben congegnate e specificamente basate sulle tue esigenze, puoi contare sul tuo consulente finanziario. Solo l’aiuto di un consulente come il Financial Coach ti permette infatti di investire in modo oculato e di tutelarti dalla “più iniqua di tutte le tasse” che, a differenza delle imposte, ha anche la spiacevole caratteristica di essere invisibile.
Un conto da quasi 164 miliardi
Ma quanto ci è costata l’inflazione fino ad oggi? A stimare l’impatto sulle nostre tasche è stato l’Ufficio Studi della CGIA di Mestre. Sulla base dei 1.152 miliardi di euro depositati nei conti correnti e ipotizzando che questa cifra non abbia subito variazioni tra il 2022 e il 2023, la CGIA stima che il costo a carico delle famiglie italiane di un’inflazione del 15% (8,1% l’anno scorso e 6,1% quest’anno) sia di 163,8 miliardi di euro nel biennio.
In pratica, ogni nucleo familiare perderà 6.338 euro in termini di potere d’acquisto. Una cifra monstre, che risulta ancora più preoccupante se la si legge in una prospettiva storica. A confronto dei 163,8 miliardi di euro che verranno divorati dall’inflazione, infatti, il prelievo forzoso sui conti correnti, varato nottetempo tra il 9 e il 10 luglio del 1992 dal governo Amato, sembra un’inezia.
All’epoca la tassa portò nelle casse dello Stato 5.250 miliardi di lire, ai prezzi attuali circa 5,3 miliardi di euro. Un valore 31 volte inferiore alla stangata che colpirà, e in parte ha già colpito, i nostri soldi fermi sul conto.
Le zone più penalizzate d’Italia
La CGIA calcola anche l’effetto dell’inflazione a livello territoriale. Non sorprende che le regioni più colpite siano quelle più ricche. In Trentino Alto Adige la perdita di potere di acquisto medio sarà pari a 9.471 euro, in Lombardia a 7.533 euro, in Emilia Romagna a 7.261 euro e in Veneto a 7.253 euro.
A livello provinciale, invece, la “patrimoniale” colpirà, in particolar modo, le famiglie residenti a Bolzano, che subiranno un prelievo medio di 10.542 euro. E poi Milano (8.500 euro), Trento (8.461), Lecco (8.201) e Treviso (7.948). Le famiglie meno colpite saranno quelle che abitano in provincia di Siracusa (3.842 euro), Trapani (3.595) e Crotone (3.130).
Chiedi consiglio a un consulente
Ora, è chiaro, il conto corrente è un ottimo e validissimo strumento. Ma è uno strumento di pagamento e non di investimento. E i suoi “cugini” depositi, pensati per rendere di più ma in un’ottica di rischio basso o nullo, vanno benissimo, soprattutto in questa fase di tassi in rialzo. Quel che conta è non eccedere in strumenti di liquidità e, appunto, diversificare gli investimenti.
La morale, allora, è sempre la stessa: chiedi consiglio dal tuo consulente finanziario per capire come può essere più giusto e corretto per te accantonare i risparmi e diversificarne la destinazione, in modo da contrastare l’impatto dell’inflazione.