Casa dolce casa, ti dico addio
La domanda immobiliare post pandemia si adatta a esigenze abitative diverse. Ecco com’è cambiata
“Casa mia, casa mia, per piccina che tu sia, tu mi sembri una badia”.
L’hai mai sentito dire? È una filastrocca popolare: sta a significare che la propria casa è sempre il luogo migliore nel quale stare, non importa quanto piccola o migliorabile sia. Condividi? Oppure, da quando nel marzo del 2020 è esplosa la pandemia di Covid-19, con tutti i lockdown correlati, ti è capitato di pensare “come ne vorrei una diversa”?
Se hai pensato che in effetti sì, la cambieresti volentieri, sappi che sei in ottima compagnia: ce lo dice il paper “Vado a vivere da solo: l’impatto della pandemia di Covid-19 sulle preferenze abitative”. Il documento rientra nella serie degli Occasional Papers della Banca d’Italia ed è stato prodotto da Elisa Guglielminetti, Michele Loberto, Giordano Zevi e Roberta Zizza: è apparso sul sito di Bankitalia a giugno 2021 e riporta indicazioni molto interessanti sul mercato immobiliare residenziale. Andiamo a scoprirle insieme.
Le preferenze abitative degli italiani sono cambiate
“Lo scoppio della pandemia di Covid-19 nei primi mesi del 2020 ha cambiato il comportamento delle famiglie sotto molti aspetti. La paura del contagio e le restrizioni introdotte dai governi hanno ridotto mobilità e contatti sociali. Molte persone hanno sperimentato per la prima volta e per un periodo prolungato il lavoro da casa, così come nuove modalità di spesa”. Questo e altri cambiamenti hanno influenzato moltissimo il mercato immobiliare. Ok, ma come? Ci arriviamo.
Intanto, due parole per completezza sui dati sui quali si basa il paper. Da una parte, le autrici e gli autori hanno ragionato sui dati dell’Italian Housing Market Survey (IHMS), un’indagine trimestrale su un ampio campione di agenti immobiliari, che raccoglie le loro opinioni sull’andamento attuale e previsto delle vendite e degli affitti residenziali; dall’altra, hanno passato al vaglio gli annunci di vendita di abitazioni forniti da Immobiliare.it.
Cos’è venuto fuori incrociando i due set di dati?
Innanzitutto, che alla drammatica flessione delle transazioni immobiliari nella prima metà del 2020 è seguito un forte rimbalzo, specialmente nei piccoli comuni. Dopo lo scoppio della pandemia, infatti, si è avuto un improvviso e significativo cambiamento nella domanda di alloggi, sia sul piano delle caratteristiche fisiche sia per quanto riguarda la posizione delle case. Gli agenti immobiliari, da parte loro, hanno segnalato uno spostamento della domanda verso case di maggior dimensione, unifamiliari, dotate possibilmente di spazi esterni e con ubicazione in luoghi meno congestionati.
L’attività di ricerca online ha confermato tutto ciò. E ha aggiunto un tassello: nei comuni classificati come aree rurali, l’attività di ricerca misurata in termini di visualizzazioni degli annunci è aumentata di 11 punti percentuali in più rispetto alle città”. Non è un caso: le nuove “case dei sogni”, infatti, presentano proprietà abitative che nelle aree urbane sono meno disponibili o eccessivamente costose. Un esempio? Chiediti quanto costerebbe una casa indipendente con giardino privato a Milano e quale potrebbe essere invece il suo costo in un piccolo comune della Brianza. Fermo restando il fatto che fuori città c’è maggiore disponibilità di abitazioni con le caratteristiche che abbiamo menzionato poco fa.
Casa nuova: chi la ricerca e perché?
La ricerca, si apprende dal paper, non è associata a un maggior potere d’acquisto e, in generale, il potere d’acquisto non risulta essere un fattore decisivo. Né sono emerse ricerche particolari dedicate alla seconda casa o alla casa per le vacanze. Anzi: gli agenti immobiliari fanno sapere che dall’inizio della pandemia la quota di potenziali acquirenti alla ricerca di una seconda casa ha subito una contrazione, mentre si è espansa quella delle famiglie che, più semplicemente, vogliono cambiare l’abitazione di residenza.
Si tratta, insomma, di un vero e proprio progetto di sostituzione: agli occhi di molti italiani le restrizioni ai movimenti e le chiusure dovute alla pandemia hanno messo in evidenza tutti i limiti delle loro dimore e quel che vogliono non è una casa in più per farsi la villeggiatura in estate o in inverno né una casa per investire, ma proprio una casa nuova. Prova ne è il fatto che l’attività di ricerca è cresciuta praticamente in tutte le località, incluse le grandi città. Cosa ancor più significativa, sono andate su sia la domanda sia l’offerta di alloggi, sintomo che con un occhio le famiglie ricercano una nuova casa da comprare e con l’altro sondano il mercato per mettere in vendita la propria.
I cambiamenti della domanda sono qui per restare?
“Per quanto riguarda le abitazioni, i nostri risultati suggeriscono che le famiglie danno già meno valore alla vicinanza al centro città, il che si potrebbe spiegare in parte con la minore necessità di spostarsi tutti i giorni per lavoro e fare i pendolari”. E proprio i cambiamenti strutturali nell’organizzazione del lavoro potrebbero rappresentare il fattore più “dirompente”, come si dice. A subirne l’impatto non sarà solo l’immobiliare residenziale, ma anche l’immobiliare commerciale: appare anzi molto concreta l’ipotesi di un eccesso di offerta di spazi per uffici e punti vendita, che andranno convertiti ad altri usi.
Le evidenze preliminari su mobilità e modalità di lavoro a distanza confermano che questi cambiamenti dovrebbero almeno in parte rivelarsi duraturi. Cosa che, in prospettiva, potrebbe ripercuotersi in modo significativo sulla distribuzione della ricchezza, sulla stabilità finanziaria e su quelle forze che di solito fanno delle città dei poli di crescita e innovazione. Un nuovo Megatrend si profila all’orizzonte? È presto per dirlo. Sicuramente, è una linea di tendenza che andrà attentamente monitorata. Per capire se anche su questo fronte la pandemia ha, in qualche modo, modificato o accelerato il corso della storia.