Acqua dolce, tra grande richiesta e nuovi modelli di consumo
Le soluzioni ispirate ai dettami dell’economia circolare potrebbero dare risposta a tante carenze e incognite, e aprire così nuove opportunità per il business
Basterà l’economia circolare – quel modello, cioè, che punta ad abbattere lo spreco delle risorse riducendone il consumo e incentivandone il riutilizzo – a eliminare la carenza d’acqua che già oggi affligge aree del mondo come l’India del nord, il Bangladesh ma anche la California negli States? Forse no, ma senz’altro potrà essere di grande aiuto. A patto che si rispettino alcune condizioni: per esempio, non puntare solo sulla tecnologia ma anche sull’adeguata formazione del capitale umano, oltre che su una profonda revisione dei nostri quotidiani comportamenti di consumo. Non possiamo più rimandare.
La richiesta d’acqua dolce è in aumento. Il World Economic Forum ha identificato la carenza d’acqua come il più grande rischio – fra gli altri rischi non proprio da ridere – che il pianeta si trova a dover affrontare. A livello globale, il 97,5% dell’acqua presente sul nostro pianeta è salata. Quel che resta è acqua dolce, e come tale compatibile con il nostro sostentamento. Ma mica penserete che ci serva solo per bere e cucinare, vero? La adoperiamo anche per l’igiene, oltre che per le attività produttive in agricoltura e nell’industria (anzi, la maggior parte va proprio a queste ultime).
Ora, in assenza di cambiamenti, si prevede che nel 2040 la domanda globale di acqua supererà del 35% l’approvvigionamento idrico sostenibile. Secondo molti, i problemi di stress idrico derivano da un modello lineare di utilizzo dell’acqua: per esempio, l’acqua di scarico delle fabbriche è spesso troppo inquinata per poterne consentire una qualsiasi forma di riuso; e senza impianti di trattamento, le suddette fabbriche si limitano a scaricare le acque reflue e a utilizzare altra acqua dolce per la produzione. Per giunta, a ciò si aggiunge la grave siccità che già si riscontra in diverse aree del mondo, come in India.
Tra dighe e desalinizzazione, qualche idea. Alcune ce ne sono già. Una è la desalinizzazione, che consiste nella trasformazione dell’acqua salata in acqua dolce: una valida risposta in molte regioni del mondo in cui l’acqua dolce, per l’appunto, tende a scarseggiare. Ma abbiamo un problema, Houston. Il processo di desalinizzazione richiede grandi quantità di energia raramente provenienti da fonti rinnovabili. E poi, dove lo metto il sale in eccesso? Non sul suolo, perché ne compromette la fertilità; ma nemmeno lo posso buttare in mare, dove la vita è già alle prese con tanti fattori di stress legati al riscaldamento globale e all’inquinamento. Ciò non toglie che la desalinizzazione possa avere un ruolo da svolgere.
Poi c’è la costruzione di dighe per la ritenzione idrica. Tuttavia, l’impatto sull’ambiente e sulle comunità a monte e a valle non è trascurabile: gli insediamenti possono doversi trasferire e gli habitat venire alterati o distrutti in modo irreversibile. In alternativa ci sono i bacini artificiali, sempre che riescano a non avere un impatto sociale e/o ambientale troppo pesante. In nessuno dei due casi, però, si può parlare di economia circolare.
Da un modello lineare a un modello circolare. Nel quadro di un modello di economia circolare, sono diverse le soluzioni che possono migliorare il bilancio idrico di una regione mitigandone la carenza idrica: ecco una panoramica.
- Ridurre la domanda di acqua dolce in agricoltura. Per esempio, applicando metodi di irrigazione più efficienti, come l’irrigazione a goccia; migliorando l’efficienza idrica nelle colture; utilizzando acqua salina per l’irrigazione.
- Ridurre la domanda di acqua dolce nell’industria. Come? Prevenendo le perdite, usando apparecchiature più efficienti dal punto di vista idrico e cambiando i processi industriali proprio allo scopo di diminuire l’utilizzo di acqua.
- Ridurre il consumo di acqua dolce da parte delle famiglie: utilizzando apparecchi e tecnologie efficienti dal punto di vista idrico e modificando i comportamenti di ognuno.
- Ridurre l’inquinamento dell’acqua: per esempio, progettando processi industriali che consentano di tenere i flussi d’acqua sporchi separati da quelli puliti.
- Riutilizzare e depurare l’acqua: riutilizzare sia l’acqua grigia, ovvero quell’acqua non potabile che però può ancora essere utilizzata per molti altri scopi, sia le acque nere, quelle cioè che possono essere riutilizzate solo dopo un trattamento pesante; depurare ecologicamente l’acqua attraverso processi naturali.
- Adottare misure di ritenzione idrica: investire a monte in infrastrutture sostenibili; realizzare progetti di stoccaggio; fare attività di stoccaggio e recupero delle falde acquifere sotterranee; aumentare la ritenzione idrica del suolo in modo che l’agricoltura abbia bisogno di meno acqua per l’irrigazione.
Nuove opportunità di business dall’acqua. L’applicazione dei principi dell’economia circolare richiede un cambiamento di paradigma rispetto agli attuali sistemi idrici lineari. Ma, nel fare ciò, offre alle aziende della catena di approvvigionamento un’ampia gamma di opportunità, soprattutto nel campo delle tecniche di irrigazione, del pompaggio, del trattamento e del riutilizzo dell’acqua. Opportunità che vengono fuori lungo tutta la catena: dalle attività di ricerca e consulenza a quelle di ingegneria e costruzione, fino alla manutenzione. Non basta quindi la tecnologia: serve anche manodopera qualificata, e quindi adeguati programmi di formazione.
Non finisce qui: un ulteriore miglioramento deve arrivare da un ripensamento dei nostri modelli di consumo. Sì, perché dalla gestione di una risorsa limitata come l’acqua dolce deriva una grande responsabilità: è tempo che ce ne facciamo carico, senza ulteriori indugi.