Indagine Internazionale ING “Case & Mutui”: italiani più maturi e consapevoli sugli investimenti immobiliari
L’investimento nel mattone sembra assumere una prospettiva più consapevole e razionale, dato che gli italiani sembrano essere definitivamente consci che il prezzo delle case possa anche scendere.
Italiani più maturi e consapevoli quando si parla di mercato immobiliare. L’amore cieco e incondizionato per la casa intesa come bene rifugio sembrerebbe al tramonto e l’investimento nel mattone assume una prospettiva più consapevole e razionale, dato che gli italiani sembrano essere definitivamente consci che il prezzo delle case possa anche scendere.
E’ questa la lettura più interessante emersa dalla sesta edizione dell’Indagine Internazionale ING “Case & Mutui” – svolta su un campione di circa 15.000 individui di 15 Paesi tra Europa, Stati Uniti e Australia – che ha analizzato le percezioni delle persone rispetto alla casa in relazione al livello dei prezzi, dei costi abitativi e alla capacità di rientrare nel budget di spesa previsto.
Diminuiscono infatti rispetto alla rilevazione 2016 gli italiani che vedono nell’acquisto della casa un investimento per i propri risparmi che non si svaluterà mai. Sul campione intervistato, infatti, solo 3 su 10 (28% del campione) crede che il prezzo delle case non possa scendere.
Un vero cambio di prospettiva rispetto all’Indagine del 2016, quando a credere che le abitazioni non avrebbero mai perso valore erano quasi la metà dei connazionali (il 47% del campione).
Siamo di fronte ad un “nuovo realismo” da parte della popolazione italiana storicamente abituata a considerare quasi acriticamente il mattone come bene rifugio per eccellenza.
Paolo Pizzoli, Senior Economist di ING Italia, commenta: “Il rapporto degli italiani con l’investimento immobiliare dà segni crescenti di maturità. La presa d’atto di una parte crescente della popolazione che i prezzi delle case possano anche scendere avviene infatti in un contesto nel quale il mercato immobiliare italiano non aveva manifestato segni evidenti dell’esistenza di una bolla speculativa. La discesa dei prezzi delle case, iniziata nel 2012, si è quasi arrestata, e la ripresa in atto nell’economia ha generato un recupero del reddito disponibile che ha migliorato la capacità di accesso degli italiani al mercato immobiliare“.
Se si guarda agli altri Paesi coinvolti nell’Indagine, nel Regno Unito e in Germania le percentuali di coloro che pensano che i prezzi non possono scendere sono addirittura maggiori, con rispettivamente il 22% e il 25% del campione intervistato.
Gli italiani rimangono invece i più dubbiosi in Europa rispetto alla crescita dei prezzi delle case nel breve periodo (1 anno). Rimane pressochè invariato infatti rispetto all’anno precedente (+1%) il numero degli intervistati che crede nella risalita dei prezzi nei prossimi 12 mesi, con un atteggiamento decisamente più prudente rispetto al resto d’Europa: il 38% contro una media europea del 59%. Subito dopo l’Italia il Regno Unito, dove la percentuale di coloro che si attendono un rialzo dei prezzi crolla letteralmente passando dal 57% del 2016 al 44% (-13%), dato su cui probabilmente continua a influire l’effetto della Brexit.
Per quanto riguarda la percezione attuale dei costi delle case, lo studio per il terzo anno di fila conferma che molti europei considerano alti i prezzi correnti delle case (61%) con un picco in Lussemburgo (92%) e con i valori più bassi in Italia (51%) e nei Paesi Bassi (50%).
L’indagine ha evidenziato anche altri aspetti degni di nota: rispetto al 2016 gli italiani sembrano incontrare minori difficoltà nel far fronte al costo dell’abitazione, ma ancora oggi un italiano su tre (33%) dichiara di avere problemi nel far fronte al canone d’affitto mensile, contro il 22% di chi ha sottoscritto un mutuo per l’acquisto di casa. In entrambi i casi, si tratta di percentuali più alte della media europea, che vede solo il 21% degli affittuari e il 19% dei mutuatari segnalare difficoltà nel far fronte agli impegni mensili.
“I benefici della ripresa economica, pur evidenti nei dati aggregati dell’occupazione, hanno per il momento consentito di alleviare solo in parte le maggiori difficoltà degli italiani a far fronte alle spese per l’affitto o per il mutuo” conclude Pizzoli.